Omelia nella Santa Messa per la Giornata della Vita Consacrata

02-02-2015
Carissimi fratelli e sorelle consacrate,
preparando questa omelia il mio primo pensiero è andato all’Anno della Vita Consacrata che Papa Francesco ha avviato con la prima domenica di Avvento e che concluderemo con la festa della Presentazione di Gesù al tempio del prossimo anno. Il Papa ha voluto questo anno particolare in occasione del 50° anniversario della promulgazione dei due importanti documenti del Concilio Vaticano II: la Costituzione dogmatica Lumen Gentium e il Decreto sulla Vita consacrata Perfectae caritatis. Anche nella nostra Chiesa di Udine desideriamo vivere con intensità l’Anno della Vita Consacrata. A questo scopo, mi incontrerò presto con i consigli riuniti dell’USMI (Unione Superiore Maggiori Italiane) e del CISM (Conferenza Italiana Superiori Maggiori) per individuare qualche iniziativa particolare a favore dei consacrati e delle consacrate che vivono e testimoniano il loro carisma in diocesi. Invito, poi, ogni singola comunità religiosa a meditare sul significato della vita consacrata dentro la Chiesa, seguendo le indicazioni della Lettera apostolica di Papa Francesco. Vi sarà utile riprendere in mano anche i due più importanti documenti del Magistero di questi 50 anni: il Decreto conciliare Perfectae caritatis e l’Esortazione apostolica di Giovanni Paolo II Vita consecrata.
 
Alle abbondanti riflessioni spirituali che possiamo trovare nei documenti che ho citato, desidero aggiungerne una di mia.
 
Viviamo un tempo nel quale tutta la Chiesa è chiamata a riscoprire la sua vocazione missionaria, come con straordinaria forza ci ha ricordato Papa Francesco nella sua Esortazione apostolica Evangelii gaudium. Inviterei tutti, allora, a porsi una domanda: qual è la condizione più importante perché i consacrati e le consacrate esprimano autentico spirito missionario?
 
Permettete che condivida con voi quella, che a mio parere, è la condizione che non può mancare nella vita di un consacrato/a e di una comunità religiosa se vuol essere, specialmente in questo tempo, il sale e la luce del Vangelo tra i fratelli.
 
Mi rifaccio al messaggio del Consiglio Permanente della CEI per questa Giornata della vita consacrata. All’inizio richiama l’esclamazione di gioia del vecchio Simeone mentre stringe tra le braccia Gesù: “I miei occhi hanno visto la salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli”. Quante persone oggi non vedono più la salvezza che Dio ha preparato e che Gesù ha portato per tutti i popoli! Non vedono non perché Dio abbia ritirato la sua salvezza e Gesù non sia più presente, ma perché i loro occhi si sono offuscati come quando uno ha le cateratte. Anche quel giorno a Gerusalemme il Salvatore era entrato nel tempio, in braccio alla Vergine Maria, ma i sacerdoti e i dottori della legge lo videro ma non lo riconobbero.
 
Dai consacrati la gente si aspetta che abbiano uno sguardo profondo che sa riconoscere i segni dell’opera di Dio oggi nella vita delle persone, delle famiglie, della Chiesa e della società; che sa scorgere le strade sulle quali la Volontà di Dio ci invita a camminare.
 
Quanto è importante avere questo sguardo spirituale anche per la vita e il futuro delle nostre comunità religiose, spesso impegnate in scelte importanti e dolorose!
 
Simeone riconosce nel bambino di Maria il Salvatore che entra tra gli uomini perché ha gli occhi a lungo purificati e illuminati dallo Spirito Santo. Il Vangelo lo ripete più volte: “Lo Spirito Santo era con lui”, “Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte prima di aver veduto il Cristo del Signore”, “Mosso dallo Spirito Santo si recò nel tempio”.
 
Il segreto per avere occhi buoni che riconoscono la presenza e l’opera del Signore e la sua volontà è che lo Spirito Santo sia con noi come una presenza familiare a cui siamo abitualmente aperti.
 
Ma in che modo è possibile rimanere in comunione con lo Spirito Santo e sotto la sua luce? Come Simeone ed Anna è necessario sostare a lungo nel tempio in preghiera e in meditazione della Parola di Dio. Con il battesimo siamo diventati tempio dello Spirito Santo. E’ in questo tempio che siamo chiamati a rimanere grazie al silenzio interiore, ad una fedele preghiera, alla meditazione della Parola di Dio.
 
Care sorelle e fratelli consacrati, sono utili gli studi, le conferenze di aggiornamento, la lettura di libri, le verifiche e le programmazioni. Ma se non sostiamo fedelmente nel nostro tempio interiore in preghiera e meditazione, non entrerà in noi la luce dello Spirito Santo e i nostri occhi resteranno miopi. Ripeteremo le cose che dicono tutti, daremo giudizi secondo la mentalità corrente, rischieremo di orientare la vita delle nostre comunità e delle persone su strade che non sono secondo la volontà di Dio Padre.
 
Ma le persone pensano, giustamente, che il nostro sguardo non sia miope come il loro, ma sia più allenato a vedere il Signore Gesù presente oggi nella vita e che siamo in grado di far riconoscere anche a loro la sua presenza per non sentirsi meno soli nell’avventura di un’esistenza spesso precaria.
 
Mi permetto, allora, di lanciare a tutti noi un invito per questo Anno della Vita Consacrata: rimaniamo sotto la luce dello Spirito Santo sostando a lungo nel tempio in cui Egli abita che è il nostro cuore. Rimaniamo fedeli a tempi di preghiera senza cedere a scusanti che spesso nascondono la nostra fatica a pregare.
 
Poi usciamo dal tempio con lo sguardo illuminato dallo Spirito per mostrare a tutti, come Simeone, che Gesù, il Salvatore, continua ad agire nella sua Chiesa e le strade per incontrarlo. Questa è la prima opera missionaria che i consacrati sono chiamati a fare nella Chiesa.