Omelia in occasione della Santa Messa nel trigesimo della morte dell’on. Giuseppe Zamberletti (26 febbraio 2019)

26-02-2019

Cari Fratelli e Sorelle,

«Il Friûl al ringrazie e nol desmentee», «il Friuli ringrazia e non dimentica»: questa è l’espressione di riconoscenza sgorgata spontaneamente dal cuore del popolo friulano colpito dal terremoto e rivolta ai tanti soccorritori giunti da ogni parte d’Italia e del mondo.

Il primo, forse, di questi angeli del soccorso che la popolazione friulana ha più volte ringraziato e che non potrà dimenticare è l’on. Giuseppe Zamberletti. Da un mese egli è giunto al termine del suo pellegrinaggio terreno e questa sera il Friuli, rappresentato dalla più importanti Istituzioni civili e religiose e da tante associazioni, lo vuole ancora ricordare con rinnovata e sincera riconoscenza. Ci siamo dati appuntamento nel duomo di Gemona, luogo che simbolicamente richiama alla memoria il tragico sconvolgimento provocato dal terremoto e la straordinaria impresa della Ricostruzione che ha avuto nell’on. Zamberletti uno dei più appassionati e intelligenti protagonisti.

Al termine di questa Santa Messa ci sarà spazio per qualificati interventi che ricorderanno la figura e l’opera del Commissario straordinario Zamberletti al quale si deve il coordinamento dei soccorsi e l’avvio dell’opera di Ricostruzione impostata su alcune sue linee di azione.

Abbiamo, però, iniziato il nostro incontro con la Santa Messa perché sentiamo, come nostro primo dovere, di ricordare al Signore l’on. Giuseppe Zamberletti. Quando è giunto tra noi egli ha trovato una popolazione provata, ma salda nella fede ricevuta dalla Chiesa Madre di Aquileia. Questa fede è stata una delle grandi forze che ha permesso di ritrovare speranza e di risollevarsi. La stessa fede ci porta questa sera a celebrare la Santa Messa in suffragio del grande benefattore del Friuli che è stato l’on. Zamberletti, ad un mese dalla sua scomparsa.

Nella prima lettura della Parola di Dio l’apostolo Paolo ci ha detto. «Tutti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, per ricevere ciascuno la ricompensa delle opere compiute quando era nel corpo, sia in bene che in male».

Anche Giuseppe Zamberletti si è trovato davanti al tribunale di Cristo e noi vogliamo accompagnarlo con la nostra preghiera e raccomandarlo a Gesù Cristo perché egli ha compiuto in mezzo a noi tante opere di bene da buon cristiano.

Forse non ha esibito in modo vistoso la propria fede come era nello stile dei politici cristiani di qualità i quali coltivavano con una certa riservatezza la loro spiritualità e la loro partecipazione alla vita ecclesiale, ma la vivevano nella loro azione politica e sociale.

Da tanti racconti sentiti, mi sono fatto, però, l’idea che nelle scelte e nei comportamenti del Commissario Zamberletti traspariva una coscienza che si era formata alle pagine del Vangelo. Certamente era dotato di intelligenza anche geniale, di capacità organizzativa e di governo, di lucidità nelle scelte e di altre capacità umane.

Ma nel suo modo di fare c’era un di più, un valore aggiunto che ha colpito molti di coloro che lo hanno frequentato in quei tempi difficili e hanno collaborato con lui.

Si avvertiva in lui non solo il funzionario, pur onesto e fedele, ma l’animo del buon samaritano che si chinava con compassione sull’uomo che giaceva vicino alle macerie della sua casa.

Non era solo il capace organizzatore, ma colui che sapeva ascoltare anche la voce flebile dei più poveri, fossero persone singole o fossero piccole comunità che nei piani di ristrutturazione generale potevano facilmente venire trascurate. Grazie a questo ascolto dei più deboli egli ha saputo capire e difendere le caratteristiche della popolazione e del territorio  friulano evitando stravolgimenti deleteri.

Aveva in sé il senso del rispetto e dell’ascolto del parere di ogni persona che gli ha permesso di promuovere percorsi di collaborazione finalizzati unicamente al bene della gente, al di là di schieramenti ed interessi di parte.

Questi ed altri modi di pensare e di agire dell’on. Zamberletti meritano di essere chiamati col loro vero nome: sono virtù di un autentico cristiano che era guidato da una coscienza e da una sensibilità formate sul Vangelo di Cristo e sull’insegnamento della Chiesa.

Noi crediamo che queste virtù gli siano state riconosciute davanti al tribunale del Signore Gesù e che si sia sentito dire: «Ho avuto fame e mi hai dato da mangiare, ero terrorizzato e mi sei stato vicino, ero disperato accanto alle rovine e mi hai ascoltato, avevo perso tutto e ti sei prodigato perché avessi un tetto. Per questo vieni, benedetto del Padre mio».

Preghiamo per lui, perché questa beatitudine  sia la ricompensa eterna che Dio gli ha riservato per le opere buone che tra noi ha compiuto.

Gemona del Friuli, 26 febbraio 2019