Omelia in occasione della festa di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti (24 gennaio 2019)

24-01-2019

Cari Giornalisti e Operatori nel mondo delle Comunicazioni sociali,

abbiamo ascoltato nel Vangelo la parte del discorso che Gesù fece ai suoi discepoli durante l’ultima cena in cui lascia loro il suo comando fondamentale: «Rimanete nel mio amore».
Queste poche parole sono il basamento sul quale Gesù ha costruito una comunità nuova in mezzo agli uomini: la comunità di coloro che credevano in lui, la Chiesa. Essa è resistita e si è sempre rinnovata lungo due mila anni di storia perché ha le sue radici piantate su questo comandamento del suo Signore: «Rimanete nel mio amore».
Si potrà obiettare che la Chiesa non vi è rimasta sempre fedele e che a volte è stata attraversata da logiche di potere, di divisione, di interessi umani. Questo è vero; è stato vero nel passato e, forse, lo è anche oggi. Però, quando parliamo della Chiesa non dobbiamo guardare solo ai Papi, ai vescovi, alla sua struttura e organizzazione. Non dobbiamo mai dimenticare i Santi. Possiamo, così, scoprire che anche nelle epoche più difficili per la Chiesa sono apparsi, spesso in modo inatteso, dei santi. Loro sono stati i suoi grandi riformatori che l’hanno rinnovata sempre partendo dal comando fondamentale di Gesù: «Rimanete nel mio amore». Hanno vissuto eroicamente e hanno riproposto quel fondamento che Gesù ha portato tra gli uomini: il suo amore.
Possiamo avere un esempio nel grande santo che oggi ricordiamo: San Francesco di Sales. La sua opera capolavoro è: «Trattato dell’Amore di Dio». È una lunga e profondissima meditazione sul comando di Gesù: «Rimanete nel mio amore». Quell’amore gli ha riempito il cuore, è stato l’anima della sua instancabile attività di pastore e di fondatore delle suore della Visitazione dedite alla carità e l’argomento dei suoi scritti. In questo modo ha contribuito a rinnovare la Chiesa del suo tempo.
Dalla Chiesa allargo, per un momento, lo sguardo a tutta la società umana richiamando il messaggio di Papa Francesco per la 53ª giornata mondiale delle Comunicazioni sociali. Il tema del messaggio è: «Siamo membra gli uni degli altri (Ef 4,25). Dalle community alle comunità». 
Citando una frase della lettera di S. Paolo agli Efesini, il Papa ricorda che una  società può diventare vera comunità se tutti i componenti si sentono «membra gli uni degli altri»; uniti reciprocamente da legami di solidarietà, di condivisione, di responsabilità reciproca. In altre parole, se la legge fondamentale che regola il vivere comune è quella dell’amore.
Vediamo, allora, che il comando di Gesù, «rimanete nel mio amore», è il fondamento non solo della vita della Chiesa, ma di ogni comunità umana. È il segreto perché una società di individui diventi comunità di persone che si riconoscono interdipendenti, corresponsabili della vita gli uni degli altri, «membra gli uni degli altri».
Qui il Papa rivolge una specifica attenzione ai mezzi di comunicazione chiedendosi se è possibile passare «dalle community alle comunità». Come sappiamo, gli strumenti della comunicazione sociale si stanno velocemente evolvendo e creano possibilità sempre più rapide e diffuse di contatti tra persone e di coinvolgimento nella vita delle une nelle altre.
Si creano fitte reti di rapporti che portano a parlare della nascita di community, di esperienze di comunità senza, però, il rapporto personale e fisico ma, come si suole dire, attraverso un legame «virtuale».
Il messaggio pontificio stimola un’approfondita riflessione su questi orientamenti del vivere sociale creati dai mezzi di comunicazione. Invita a chiedersi se siamo davanti a nuovi modi di formare vera comunità tra le persone; se essi possono generare relazioni autentiche e soddisfacenti.
Non mi avventuro a cercare risposte in questo e mi limito a trasmette il richiamo di Papa Francesco a continuare una riflessione seria su queste tematiche. Il suo è un invito positivo nel senso che fa intuire come anche queste nuove reti di rapporti creati dai social networks possono contribuire a formare comunità tra le persone e dentro la società.
Vanno, però, approfondite – forse più di quanto si è fatto finora – le condizioni perché i mezzi di comunicazioni assolvano questo importante compito.
Mi permetto solo, concludendo, di dire che tra queste condizioni resta perennemente vero il co-mando di Gesù: «Rimanete nel mio amore». Se attraverso le reti della comunicazione passano l’amore, la solidarietà, la corresponsabilità reciproca, il sentirsi «membra gli uni degli altri», allora questi mezzi possono contribuire a creare comunità tra gli uomini.

Udine, Oratorio della Purità, 24 gennaio 2019