Omelia in occasione del Santo Natale 2019

25-12-2019

Cari Fratelli e Sorelle,

nel Natale del 1223 Francesco d’Assisi inventò il presepio. Era di ritorno da Roma dove aveva avuto da Papa Onorio III la conferma della sua Regola. Giunto a Greggio, in Val Reatina, fu colpito dal paesaggio di grotte che probabilmente gli ricordavano quello di Betlemme dove era stato qualche anno prima in pellegrinaggio. Aiutato dal pastore Giovanni organizzò il primo presepio, rappresentando al vivo ciò che i Vangeli ci narrano della nascita di Gesù che abbiamo appena ascoltato. Si coinvolsero con entusiasmo, come protagonisti, gli abitanti del luogo e i suoi frati. La sacra rappresentazione si concluse con un’ultima grande intuizione del Santo: chiamò un sacerdote perché celebrasse la Santa Messa sulla mangiatoia che faceva da culla a Gesù. In questo modo annunciò a tutti i presenti che Natale, iniziato a Betlemme, continuava. Nascendo da Maria Vergine, il Figlio di Dio  era entrato a far parte della famiglia umana e ogni uomo, oltre che ricordare la sua nascita col presepio, poteva veramente incontrarlo nell’eucaristia.

Papa Francesco, il primo dicembre è stato in pellegrinaggio a Greccio e lì ha firmato una lettera apostolica sul significato e il valore del presepio, intitolata: «Admirabile signum» («Mirabile segno»). La ricordo perché mi pare che anche il Papa, invitandoci a riscoprire il presepio in tutta la sua bellezza e ricchezza di significato, abbia avuto una felice intuizione spirituale. Egli ci ricorda che il presepio non va solo guardato, ma anche ascoltato

Il presepio merita di essere guardato e ascoltato perché ci parla. Parla con un linguaggio semplice e universale che capiscono sia i piccoli che i loro genitori e i loro nonni, sia chi ha studiato molto che chi ha poca cultura, sia chi è nato nelle nostre terre che coloro che vengono da paesi e religioni diverse. Si fa capire da tutti, ma trasmette un messaggio molto profondo e sempre attuale che ci riporta alle radici della fede cristiana e della nostra cultura. 

Accogliendo, allora, la lettera di Papa Francesco, invito tutti ad accostarci al presepio e ad ascoltarlo ritirandoci in silenzio nella grotta della nostra anima dove possiamo far spazio a Gesù.

Ed è proprio di Gesù che, prima di tutto, il presepio ci parla. Maria, Giuseppe, gli angeli, i pastori, i magi sono rivolti verso di lui in adorazione e portano anche noi a rivolgerci verso quel Bambino per conoscere il Mistero grande che porta in sé. 

È il Bambino che era stato annunciato da tutti i profeti antichi, come abbiamo sentito nella prima lettura: «Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio». 

È stato partorito da una giovane Vergine, ma viene da Dio perché, prima che figlio di Maria, è Figlio di Dio Padre. Lungo la storia gli uomini hanno cercato in tanti modi di farsi un’idea e un’immagine di Dio e sono nate le diverse religioni

Gesù, invece, è Dio stesso che ci viene incontro e per mostrarci il suo vero volto e il suo vero cuore. Dice il Papa: «Perché il presepe suscita tanto stupore e ci commuove? Anzitutto perché manifesta la tenerezza di Dio. Lui, il Creatore dell’universo, si abbassa alla nostra piccolezza.[..] In Gesù, il Padre ci ha dato un fratello che viene a cercarci quando siamo disorientati e perdiamo la direzione; un amico fedele che ci sta sempre vicino; ci ha dato il suo Figlio che ci perdona e ci risolleva dal peccato» (n. 3). 

Guardiamo, allora, e ascoltiamo il presepio per sentire Gesù più vicino al nostro cuore e alla nostra vita. È lui il Dio  di cui abbiamo bisogno.

Il presepio ci mostra anche una comunità che si è formata attorno alla culla di Gesù. Al centro c’è la sua famiglia con Maria e Giuseppe e, poi, tante altre persone che si trovano riunite assieme perché tutte attirate da Gesù. È una bella comunità perché tutti vi trovano posto e accoglienza; c’è posto anche per i pastori, poveri e spesso disprezzati. Papa Francesco ha una bella espressione: «Anche loro stanno vicini a Gesù Bambino a pieno titolo, senza che nessuno possa sfrattarli o allontanarli da una culla talmente improvvisata che i poveri attorno ad essa non stonano affatto» (n. 6). 

Questa comunità è e dovrebbe essere la Chiesa; così dovrebbero essere le comunità cristiane della nostra città e dei nostri paesi dove nessuno scarta l’altro perché tutti siamo, prima di tutto, poveri peccatori inginocchiati davanti a Gesù Bambino. Nascendo da Maria, Gesù, il Figlio di Dio, ha guarito i rapporti tra di noi insegnandoci una regola d’oro: quella della solidarietà. L’ha vissuta lui per primo accogliendo sempre ogni uomo come suo fratello amato; anche se, spesso, noi siamo poco amabili e presentabili. E l’ha raccomandata a tutti coloro che si riuniscono attorno a lui per formare la sua comunità. Torniamo ad imparare dal presepio questa legge della solidarietà da vivere, prima di tutto, in famiglia e con coloro che abitano nella porta accanto e che, magari, sono senza lavoro o anziani o malati o abbandonati.

Cari Fratelli e Sorelle, mi sono soffermato solo su due dei messaggi di cui il presepio ci parla e che Papa Francesco ricorda nella sua lettera. Ascoltiamoli in silenzio e preghiera, con la mente e il cuore aperto. Così l’intuizione geniale di San Francesco di inventare il presepio continuerà a toccare la nostra coscienza e renderci migliori. Sarà un Santo Natale.