EMERGENZA CORONAVIRUS | Messaggio al popolo di Dio (25 marzo 2020)

Cari Fratelli e Sorelle,

vi faccio giungere ancora la mia parola per esservi vicino e tenere vivo tra noi il dialogo, anche se il coronavirus continua ad impedire di incontrarci di persona e, specialmente, di riunirci nelle nostre chiese per partecipare alle celebrazioni della santa Quaresima.

Pur se fisicamente lontani, noi crediamo che i battezzati sono uniti tra loro da una comunione spirituale che è tenuta viva dallo Spirito Santo. Questa è una comunione forte perché supera tutte le barriere; supera addirittura la barriera della morte. Grazie ad essa infatti noi siamo sempre uniti a Gesù, a Maria, ai nostri cari defunti. È come il filo elettrico attraverso cui trasmettere la nostra preghiera fino al cuore di Gesù e al cuore di Maria, la Madre a cui ci stiamo rivolgendo sempre più intensamente. Trasmette anche la preghiera di suffragio per i nostri defunti. Essi sentono il nostro ricordo e la nostra preghiera e ce ne sono riconoscenti, perché non li abbandoniamo anche se alcuni di loro, come capita in questo tempo,  affrontano il passo della morte senza aver vicino le persone care.

Oltre che con la preghiera, troviamo altri modi per interessarci gli uni degli altri usando i diversi mezzi di comunicazione. Il tempo dell’emergenza si allunga e cresce, di conseguenza, per molte persone il peso della solitudine. Tanti, poi, sono in ansia per la malattia di qualche loro caro che spesso costringe alla quarantena l’intera parentela. Aumenterà, inoltre, il numero di persone e di famiglie che si ritroveranno in ristrettezze economiche, con i bisogni primari da soddisfare. Nessuno allora nelle nostre comunità sia perso di vista! Se rafforzeremo la solidarietà tra di noi, usciremo da questo tempo di prova avendo sconfitto un altro virus malefico: il virus morale dell’individualismo.

Permettete che riprenda, adesso, l’altro invito che già vi rivolgevo nel messaggio della settimana scorsa. Come cristiani siamo chiamati ad osservare con gli occhi della fede gli imprevedibili avvenimenti che stanno travolgendo il mondo. Dio è presente e vuol dirci una parola per la nostra salvezza. Nel Vangelo troviamo questo sofferto rimprovero:«Sapete interpretare l’aspetto del cielo e non siete capaci di interpretare i segni dei tempi?”»(Mt 5,25). Quali segnali ci sta lanciando lo Spirito del Signore?

Colgo una risposta nel vangelo di domenica prossima, quinta di Quaresima, che propone il racconto del grande miracolo della risurrezione di Lazzaro. San Giovanni ci presenta Gesù che, giunto alla tomba di Lazzaro, si commosse ed ingaggiò una lotta contro la morte per strapparle l’amico a cui lo legava un amore profondo. Con voce potente chiamò Lazzaro fuori dalla tomba da dove nessun uomo, una volta entrato, può più uscire. La morte fu sconfitta e lasciò andare la sua preda. Gesù riabbracciò l’amico che non avrebbe più abbandonato in eterno. Anche se per Lazzaro sarebbe poi tornato il momento della morte fisica, Gesù gli annuncia che lo avrebbe portato con sé in quella vita nuova che sarebbe stata inaugurata il mattino di Pasqua con la sua risurrezione.

In questo tempo stiamo tutti lottando, alcuni anche eroicamente, contro il virus che ci minaccia di morte fisica. È un’impresa benemerita che Gesù fece per primo restituendo a Lazzaro la vita fisica e gli affetti delle sorelle e degli amici. 

La Parola di Dio, però, ci invita ad accorgerci che ognuno di noi ha tendenza a rinchiudersi in un’altra tomba, quella dell’egoismo. L’egoista è uno che tende a rinchiudersi in se stesso. Non tiene lo sguardo aperto verso gli altri perché è rivolto a soddisfare solo i propri bisogni, tornaconti e interessi. Non tralascia se stesso per donarsi, ma usa gli altri per soddisfare la propria insaziabile sete di piacere, la voglia di possedere e di consumare. Si riduce, così, alla solitudine e il cuore diventa per lui come una tomba. È la morte della sua anima, peggiore della morte del corpo, perché segna il fallimento di tutta l’esistenza.

Ebbene, Gesù ha donato tutto se stesso, fino all’ultima goccia di sangue, per strapparci da questa terribile tomba che è la stessa in cui si è rinchiuso il diavolo. E per far entrare in noi il suo Spirito, realizzando una vera “trasfusione” di amore nel nostro cuore. Così lo trasforma da tomba a tempio santo, in grado di ospitare in sé tanti altri fratelli.                                                                                              Questa è la risurrezione che ha generato i santi e ha cambiato il mondo. Chi la vive è già nella vita eterna perché la morte fisica sarà il passaggio per entrare nella Comunione dell’Amore con Gesù, Maria e tutti i santi.       

                                                                                                                                   + 

+ Andrea Bruno Mazzocato, arcivescovo

25-03-2020