Seconda meditazione dei “Quaresimali d’arte”: la preghiera: segno e fonte di speranza

16-03-2014

La preghiera, segno e fonte di speranza

 
16 marzo, Cattedrale di Udine, ore 17.00

 
Abbiamo iniziato domenica scorsa a meditare su quattro situazioni della vita del cristiano nelle quali egli fa esperienza della speranza e cresce nella virtù della speranza. La prima situazione che abbiamo considerato è stata quella del perdono. Quando umilmente confessiamo a Gesù i peccati e riceviamo il suo perdono, il cuore si apre dalla tristezza di essere schiavi del male alla speranza di poter essere liberi di amare. Questa fu l’esperienza della donna adultera salvata dal perdono di Gesù.
 
Oggi consideriamo una seconda situazione molto comune nella vita di un cristiano: la preghiera. In particolare, vediamo come la preghiera apre il cuore alla speranza.
Ci fa da guida un brano della lettera di San Paolo ai Romani nel quale l’apostolo parla dell’esperienza della preghiera che lo Spirito Santo dona a coloro che credono in Gesù e sono stati uniti a lui con il battesimo.
 
Anche ad una prima lettura, salta subito all’occhio che, mentre parla di preghiera, Paolo nomina ripetutamente la speranza.
 
Mentre faccio qualche breve cenno di commento, invito ognuno di noi a pensare alla propria personale esperienza di preghiera per confrontarla con la Parola di Dio. Nella nostra vita sono presenti momenti, brevi o lunghi, di preghiera? Come preghiamo? Certamente tutti facciamo anche fatica a pregare: da dove viene questa fatica? Che cosa ci frena?
 
Nel brano che stiamo meditando, san Paolo ricorda che è lo Spirito Santo che suggerisce al cristiano la preghiera. E’ la preghiera che Gesù ha insegnato  e che lui stesso faceva. La grande novità della sua preghiera è la prima parola: “Abbà, Padre”. Paolo ha conservato anche il termine aramaico quando  ci riportala viva voce di Gesù: “Abbà”. Questa era la parola dei bambini quando si rivolgevano al loro papà. Gesù ci ha insegnato a pregare come figli e come figli bambini che non dubitano mai che il loro papà non si interessi di loro. Essi lo chiamano spesso “abbà” e il cuore si riempie di gioia e di speranza perché si sentono al sicuro dentro il cuore del papà e tra le sue braccia.
 
Qualcuno potrebbe obiettare che Gesù ha insegnato un modo di pregare infantile che non può adattarsi alle persone adulte. Non si tratta di una preghiera infantile, ma la preghiera di chi scopre la gioia di essere figlio di Dio Padre. E’ la preghiera di chi ha capito l’invito di Gesù: “Se non vi convertirete e non diventerete come bambini, non entrerete nel Regno dei cieli”. E’ una preghiera che porta un uomo a vivere sentimenti così grandi verso Dio che solo lo Spirito Santo più suggerirli; come Paolo ribadisce con insistenza.
 
Per capire a quale maturità spirituale possa condurre pregare con i sentimenti e le parole di Gesù, basta leggere le testimonianze dei grandi santi e dei grandi mistici. Ricordo fra tutti, Francesco d’Assisi e santa Teresa del Bambini Gesù.
 
La preghiera non è una novità introdotta dai cristiani. A Roma, dove Paolo indirizza la sua lettera, pregavano gli ebrei e pregavano i pagani. Pregavano, però, come degli schiavi i quali si sentivano in balia della volontà del loro padrone che essi non potevano controllare. Il loro sentimento prevalente era, di conseguenza, la paura perché vivevano nell’incertezza che il padrone li trattasse male, li punisse, li vendesse. 
 
Pregavano e offrivano sacrifici cercando di far contento Dio perché non li castigasse, a causa dei loro peccati e delle loro miserie, e rovinasse la loro vita.
 
Anche oggi non è scomparso questo sentimento di paura nei confronti di Dio. Essa domina, ad esempio, la mente di chi segue superstizioni, cerca oroscopi per sapere il suo futuro, entra in certe sette o esperienze spirituali.
 
Nel nostro tempo si è creata, poi, un’altra situazione che non esisteva al tempo di Paolo: è la condizione di chi vive come se Dio non ci fosse e, per questo, non prega più. Per chi ha il cuore muto perché non conosce più un Dio a cui affidarsi, la vita diventa ancora più pesante perché grava tutta sulle sue deboli spalle. Vivere, senza credere in Dio a cui affidarsi, diventa un mestiere troppo difficile ed è difficile trovare speranza. Per evitare il peso di questa vita viene spontaneo estraniarsi in evasioni varie.
 
La grande novità della preghiera cristiana sta in quell’invocazione: “Abbà. Padre”. E’ l’invocazione che libera il cuore da ogni paura e lo riempie di speranza.
 
Il cristiano non si sente abbandonato a lottare con le sue sole forze dentro la vita e neppure dominato dalla paura perché in balia di un Dio che è come un Destino cieco da cui non sa che cosa aspettarsi.
 
Il battezzato sa cosa aspettarsi dal suo Dio perché lo ha già visto come si è comportato con Gesù. Gesù, in ogni momento della sua esistenza, aveva nella mente e nel cuore l’invocazione: “Abbà. Padre”. Con questa preghiera ha affrontato la tortura della crocifissione e il buio della morte. E’ entrato nella morte con la speranza nel cuore e invocando: “Abbà. Padre! Nelle tue mani affido il mio spirito”. E Dio gli è stato veramente il Padre fedele che non lo ha abbandonato vittima del male e della morte, ma lo ha risuscitato e lo ha portato accanto a sé nella gloria.
 
Il cristiano sa che il suo Dio è Padre e si comporterà con lui come ha fatto con Gesù. Per questo vive con una invincibile speranza nel cuore che Paolo così esprime: “E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se veramente partecipiamo alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria”.
 
Affronta le prove e le sofferenze di ogni giorno come ha fatto Gesù: pregando Dio Padre e mettendo nelle sue mani le preoccupazioni e tutta la vita; in attesa di incontrare Gesù e partecipare alla sua gloria.
 
Concludo la mia riflessione sul legame tra preghiera e speranza con un’espressione di Cromazio di Aquileia che abbiamo prima ascoltato: «Padre nostro che sei nei cieli». “Sono parole, queste, di uomini liberi e piene di confidenza. Voi dovete dunque comportarvi in modo da poter essere figli di Dio e fratelli di Cristo”.