Omelia nelle esequie di mons. Rinaldo Fabris

12-10-2015
Don Rinaldo Fabris ci ha lasciati. Si è spento serenamente, in preghiera, nella stanza del suo seminario, come aveva desiderato. Cosciente che ormai non c’erano rimedi contro il male che aveva aggredito il suo corpo, il 15 agosto scorso, festa di Maria Assunta in cielo, aveva scritto e consegnato al rettore il testamento in cui leggiamo: “Nel pieno possesso delle mie facoltà accetto liberamente il momento e il modo della mia morte come ritorno a Dio che mi ha creato, redento in Cristo e chiamato ad essere prete nella Chiesa. Accetto la mia morte in unione con Gesù che è morto in croce per vivere fino in fondo la sua fedeltà al Padre e la sua solidarietà con gli uomini fratelli e liberarli dalla paura della morte. Mi affido all’amore fedele e misericordioso di Dio Padre, nel quale ho sempre fermamente creduto. La mia fiducia e speranza sono nel Signore Gesù, per il quale ho lavorato con passione e con gioia. In lui è riposta la mia sicurezza di risurrezione e di vita”.
 
Dopo averle scritte, queste parole, don Rinaldo le ha vissute negli ultimi due mesi della sua esistenza terrena, come possono testimoniare quanti gli sono stati vicini giorno dopo giorno. La coscienza lucida che il suo tempo era ormai brevissimo non ha intaccato ma, anzi, rafforzato una serenità e una fortezza d’animo che ci ha edificato. Il sorriso e le espressioni di ringraziamento che rivolgeva a quanti lo visitavano e a coloro che lo accudivano nelle necessità fisiche sempre crescenti, facevano trasparire il suo affidamento, ormai senza resistenze, alla volontà paterna di Dio come Gesù e con Gesù crocifisso e, insieme, la “sicurezza”, come scrive, di essere accolto da lui nella risurrezione e nella vita senza fine.
 
Possiamo dire che questa è l’ultima esegesi del Vangelo che don Rinaldo ci ha lasciato, non dal tavolo di una lezione o di una conferenza ma dal letto della sua malattia. Nel momento dell’estrema debolezza, ha testimoniato la potenza di Gesù Cristo, morto in croce e risorto, che veramente “libera dalla paura della morte” il suo discepolo che solo in lui pone ogni fiducia e speranza.
 
Dal profondo del cuore ringraziamo don Rinaldo per esserci stato fino alla fine maestro e servo della Parola di Dio, con l’insegnamento e con la vita. Non è, però, questo il momento per ricordare le molteplici forme con cui egli ha servito la Parola di Dio, la Chiesa e tante persone. Troveremo occasioni opportune per tratteggiare la sua persona e la sua opera di sacerdote, di studioso, di insegnante.
 
Ora è il tempo della preghiera fraterna per lui. Conclude il suo testamento dicendo: “Mi in-cammino per il sentiero della luce e della vita senza fine”. Su questo sentiero lo accompagniamo con la nostra preghiera personale e comunitaria che può trovare voce nella parola di Gesù: “Beati coloro che ascoltano la Parola di Dio e la osservano!”. Crediamo di poter raccomandare a Gesù don Rinaldo come un discepolo degno di questa beatitudine perché la Parola del Signore è stata la passione della sua vita e del suo sacerdozio.
 
In questi giorni, pensando a lui mi tornava alla memoria il profeta Geremia che confessa: “Quando le tue parole mi vennero incontro, le divorai con avidità; la tua parola fu la gioia e la letizia del mio cuore” (Ger 15, 16). Anche per don Rinaldo la Parola di Dio è stato il nutrimento quotidiano che ha cercato, potremmo dire, in modo insaziabile perché in essa e solo in essa trovava la gioia e la letizia del suo cuore.
 
 
E sua grande passione fu offrire lo stesso nutrimento al maggior numero possibile di sorelle e fratelli; è stata la stessa passione di san Paolo che dichiara agli anziani di Efeso: “Non mi sono mai tirato indietro da ciò che poteva essere utile, al fine di predicare a voi e di istruirvi, in pubblico e nelle case”. Quando don Rinaldo si è tirato indietro se gli veniva chiesto di offrire la Parola di Dio? Era il tesoro più prezioso che gli era stato dato dal Signore Gesù e dalla Chiesa. Lo ha donato senza riserve, arrivando a consegnarci ai primi di luglio le schede bibliche per l’anno della misericordia e lavorando fino alla fine nel commento al libro dell’Apocalisse, rimasto incompiuto. Ha esercitato il ministero di annunciare e commentare la Parola di Dio in tempi in cui nella Chiesa l’interpretazione del testo biblico apriva nuovi sentieri non sempre semplici da percorrere. Vi si è dedicato con coraggio e senso di responsabilità per edificare la fede dei fratelli.
Agli anziani di Efeso Paolo dichiara: “Non ritengo in nessun modo preziosa la mia vita, purché conduca a termine la mia corsa e il servizio che mi fu affidato dal Signore Gesù, di dare testimonianza al vangelo della grazia di Dio”. Nelle parole dell’apostolo vediamo riassunta anche l’esistenza sacerdotale di don Rinaldo.
 
Ora è giunta al termine la sua corsa tutta tesa al servizio di rendere testimonianza al vangelo della grazia di Dio. Si trova davanti a Gesù, suo Signore: “Per il quale – scrive nel testamento – ho lavorato con passione e gioia”; come un servo fidato e prudente che non ha fatto mancare agli altri servi, di cui aveva la responsabilità, il cibo a tempo debito, il nutrimento della Parola di Dio.
Il Signore della vita e della morte, nella sua misericordia, lo accolga tra coloro che sono beati perché hanno ascoltato, predicato e messo in pratica la Parola di Dio.
 
Cattedrale di Udine, 12 ottobre 2015