OMELIA NELLE ESEQUIE DI DON FRANCESCO GENTILE

12-10-2011


Fil 3,20-21; Gv 6,51-58)


 


Cari confratelli vescovi, sacerdoti e fedeli, raccolti attorno all’altare del Signore e al corpo mortale del caro d. Francesco Gentile,


abbiamo ascoltato queste consolanti parole della Sacra scrittura: ‘La nostra cittadinanza infatti è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso’.


D. Francesco ha patito sul suo corpo una lunga infermità che lo ha progressivamente debilitato rendendolo sempre più debole. In un modo o nell’altro questo è il destino che attende ogni uomo per cui, con realismo, S. Paolo dice che abbiamo su questa terra un misero corpo.


Chi, però, ha creduto in Gesù Cristo, è stato battezzato in lui ed è entrato in comunione con Lui nell’eucaristia, è sostenuto dalla speranza che, dopo la morte, anche il misero corpo umano sarà trasfigurato come il corpo glorioso e risorto di Gesù stesso. E’ sua, infatti, la promessa che abbiamo ascoltato nel vangelo: ‘Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno’.


Certi di questa promessa, consegniamo alla terra il corpo mortale di d. Francesco ma, nella preghiera, lo affidiamo alla potenza di Dio perché gli dia la vita eterna e la risurrezione come ha fatto con suo Figlio Gesù.


Preghiamo con tanta speranza perché siamo convinti che gli anni di malattia sono stati l’ultima purificazione del cuore che Dio ha chiesto a d. Francesco, l’ultima offerta sacerdotale di una vita donata alla Chiesa e ai fratelli in 58 anni di ministero.


Come sappiamo d. Francesco è stato ordinato sacerdote nella diocesi di Milano dove era emigrata la sua famiglia. Nella Chiesa ambrosiana ha vissuto, negli anni giovanili, due esperienze di coadiutore dedicandosi, in modo particolare, alla formazione dei ragazzi e dei giovani sia negli oratori parrocchiali che nell’insegnamento scolastico. Egli ricordava con gioia quelle esperienze caratterizzate da un grande entusiasmo, da una vera passione per l’educazione e da capacità di relazione e di dialogo; doti che d. Francesco aveva maturato nella sua persona.


In età più adulta fu chiamato dall’Arcivescovo ad assumersi la responsabilità di parroco al Villaggio Giovi di Lambiate e, successivamente, a S. Giovanni di Desio. Furono anni di grande impegno anche per la serietà con cui d. Francesco affrontava le sue responsabilità. Rivelò la sua profonda spiritualità perché fu sacerdote autentico nella sua consacrazione a Dio e alla Chiesa, nello spirito di preghiera, nella cura per le celebrazioni liturgiche, nell’accoglienza delle persone.


Illuminò le coscienze grazie ad una predicazione della Parola di Dio efficace e particolarmente apprezzata dai fedeli.


L’impegno pastorale creò un progressivo logorio nelle sue forze per cui, in accordo con l’Arcivescovo di Milano, decise di tornare a Udine, sua terra Natale, ospite per un periodo anche di persone amiche e disponibile al servizio pastorale a Maiano.


Accettò, successivamente, ancora la responsabilità di parroco a Bueris dove apparvero i primi segni di una malattia invalidante che lo portò ad essere ospite negli ultimi anni nella comunità della Fraternità sacerdotale. Qui trovò il clima fraterno e di fede e la premurosa assistenza che caratterizzano questa nostra provvidenziale istituzione e che lo sostennero fino al momento del passaggio da questo mondo al Padre.


Ora tocca a noi, in questa S. Messa di esequie, presentare d. Francesco alla misericordia del Padre, unendolo al sacrificio di Cristo che egli ogni giorno e per tanti anni ha celebrato con fede edificante.


E’ stato un sacerdote autentico e fedele che ha servito due Chiese con uguale disponibilità e mettendo a disposizione la sua ricca spiritualità, le doti ricevute e le energie che poteva avere a disposizione.


Questo spirito sacerdotale, intessuto di fede e di carità pastorale traspare anche dal suo testamento spirituale. E’ un testo sobrio in cui appaiono le  parole fondamentali per la vita di un cristiano e di un sacerdote: ringrazia Dio, i genitori e i parenti, gli amici e collaboratori, gli umili e i sofferenti, con un particolare ricordo ai giovani; domanda perdono a Dio e ai fratelli; chiede la carità di una sincera preghiera di suffragio; promette di restare in comunione di preghiera con noi dal cielo.


Entri tra i servi fedeli che giungono consumati al termine del loro servizio. Lo accolga il Buon Pastore che lo ha chiamato ad essere suo rappresentante tra i fratelli. La Vergine Maria, con la sua delicatezza materna, asciughi le sue lacrime e consoli le sue sofferenze. Accompagnato dal tanto bene che ha compiuto, d. Francesco entri nel regno dei cieli con la preghiera con cui conclude il suo testamento: ‘Padre nostro che sei nei cieli e che ci ami, liberaci da ogni male e da ogni peccato. Amen’.