Omelia nella solennità di Tutti i Santi

01-11-2014

“Dopo queste cose vidi: ecco una moltitudine immensa che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello avvolti in bianche vesti e cantavano a gran voce: La salvezza appartiene al nostro Dio seduto sul trono e all’Agnello”. Abbiamo appena ascoltato, nella prima lettura, queste parole, tratte dal libro dell’Apocalisse. Esse sono come una finestra che si spalanca sull’altro mondo; il mondo nel quale entreremo dopo la nostra morte.
 
Corriamo sempre il rischio di tenere chiusa questa finestra e di vivere come se dovessimo accontentarci solo di questo mondo e dei pochi anni di esistenza che ci sono dati e che finiscono presto. In pochi versi Quasimodo ha fotografato la condizione di ogni uomo:

«Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di Sole:
ed è subito sera.»

 
Nonostante tutto il progresso scientifico, a nessuno è data la possibilità di trattare sul tempo che gli è concesso di vivere illuminato dal sole, né di allontanare il momento in cui arriva la sera. Gesù stesso richiama questa verità evidente a tutti: “E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un’ora sola alla sua vita?”.
 
Con realismo, poi, il salmo 89 aggiunge: “Gli anni della nostra vita sono settanta, ottanta per i più robusti, ma quasi tutti sono fatica, dolore; passano presto e noi ci dileguiamo”.
 
Se la nostra vita è tutta nei pochi anni che ci separano dalla morte è come un vestito troppo stretto perché mortifica i nostri migliori desideri, progetti, affetti.
 
Con la loro testimonianza i santi spalancano una finestra di speranza oltre il muro buio della morte; una finestra sull’altro mondo dove Gesù risorto, l’Agnello immolato,“tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate”.
 
I santi hanno speso gli anni della loro esistenza terrena tenendo sempre aperta nella mente e nel cuore questa finestra di speranza. E’ stata la speranza che ha dato loro la forza per consumare l’esistenza in un dono di sé senza riserve. Grazie alla speranza nella vita eterna, sono diventati degli eroi della carità.
 
Tra i tanti santi, ricordo i due Papi che più recentemente sono stati canonizzati da Papa Francesco: Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II.
 
Non solo la loro vita, ma anche la loro morte è stata un lampo di speranza per tutti gli uomini. Molti di noi ricordano come gli occhi del mondo fossero fissi sulla finestra illuminata dell’appartamento di Giovanni XXIII, nel buio della notte. Il Papa in agonia richiamava verso di sé, non angoscia e disperazione, ma sereno affetto e preghiera. E quando la finestra si è spenta, è spontaneamente aumentata nei cuori dei fedeli la preghiera perché, anche con la sua morte, il Papa buono diffondeva la speranza per la quale era vissuto, la speranza che chi vive per l’amore di Cristo, vive in eterno.
 
Più recenti sono i ricordi degli ultimi giorni di Giovanni Paolo II. A chi lo invitava a risparmiare un po’ le forze, era solito rispondere: “Ci sarà tempo di riposarsi in paradiso”. Da questa speranza egli ha ricavato quell’energia di spendersi per la sua missione senza calcolo, con una giovinezza di cuore che andava oltre il decadere del corpo. Durante i suoi funerali in piazza S. Pietro, tutti respiravano un’aria purissima di speranza. La bara del grande Papa, coperta dal libro della Parola di Dio, era una finestra aperta oltre la morte, sul mondo dell’amore eterno per il quale Giovanni Paolo II era vissuto e nel quale entrava, accompagnato dalla preghiera di tutta la sua Chiesa.
 
Care sorelle e fratelli, in questi giorni di festa, e non solo in questo giorno, ricordiamo i nostri santi. E’ un invito che ho fatto anche nella mia lettera pastorale di quest’anno “Rimanete nel mio amore”. Teniamo aperta nella nostra mente la finestra della speranza che ci fa sentire in comunione vera di amore con loro che ci attendono e ci accompagnano con la loro quotidiana intercessione, molto più di quanto noi ne siamo coscienti. Il loro esempio ci attira ad imitarli; ad essere anche noi, piccoli semi di amore seminati sulla terra degli uomini.