OMELIA NELLA PRIMA STAZIONE DEI “NOVISSIMI.QUARESIMALI D’ARTE”

20-03-2011


 


INTRODUZIONE


 


1. Significato delle ‘stazioni quaresimali’


 


Negli anni passati, il tempo della quaresima era valorizzato anche attraverso le ‘stazioni quaresimali’. Il Vescovo sostava assieme ai sacerdoti, i diaconi e i fedeli in una chiesa per un tempo di preghiera e di meditazione nei pomeriggi delle domeniche di quaresima.


L’omelia del Vescovo (detta popolarmente ‘quaresimale’) toccava aspetti fondamentali della fede e della morale cristiana per stimolare tutti ad una verifica delle propria coerenza con il Vangelo di Gesù sia nelle convinzioni che nei comportamenti.


Incontro spesso persone che sentono il bisogno di una ‘statio’, di una sosta spirituale per rientrare in se stessi e fare un bilancio onesto su come stanno investendo il tempo, le capacità, gli affetti, i mezzi materiali. Avvertono, infatti, nel profondo dell’animo come una inquietudine, una paura di correre inseguendo le urgenze immediate trascurando quelle essenziali; e intanto il tempo passa giorno dopo giorno senza ritorno.


Per offrire l’opportunità di una sosta spirituale abbiamo pensato di riprendere l’antica tradizione delle stazioni quaresimali con quattro incontri domenicali in Cattedrale.


Essi avranno al centro l’ascolto di brani della Sacra Scrittura che noi accogliamo sempre come Parola che Dio rivolge oggi a noi. Offrirò un commento a questi testi biblici per aiutare a verificare su di essi la nostra attuale situazione di vita.


La preghiera, espressa anche in un linguaggio musicale di alta qualità, ci introdurrà nel clima di raccoglimento, di meditazione e di apertura della mente e del cuore a Dio.


 


2. Il tema scelto: i ‘novissimi’


 


I testi della Sacra Scrittura che ho scelto parlano di quelle verità di fede che il catechismo tradizionale definiva ‘i novissimi’ e precisamente: la morte, il giudizio, l’inferno e il paradiso. Il termine latino è ‘res novissimae’ che possiamo tradurre con ‘le realtà ultime’ che sono anche ‘nuovissime’ perché non ne abbiamo alcuna esperienza diretta anche se giungeranno certamente per ognuno di noi. Esse saranno l’ultima grande novità e sorpresa della nostra vita che ci attende al momento della nostra morte fisica.


Anche se non possiamo avere un’esperienza anticipata della morte, del giudizio, del paradiso o (speriamo di no) dell’inferno, troviamo delle illuminazioni nella Rivelazione di Dio, contenuta nella Sacra Scrittura.


Ho scelto il tema dei ‘novissimi’ prima di tutto perché si tratta di verità fondamentali per un battezzato. Ulteriormente perché in questi tempi esse sono condannate ad un certo silenzio forse perché sono verità un po’ inquietanti a cui si preferisce non pensare. Non si può, però, intraprendere un viaggio senza avere chiara la meta da raggiungere. Si vagherà sprecando inutilmente risorse.


Ascolteremo in queste domeniche ciò che la Parola di Dio ci annuncia della meta a cui ci portano i giorni che passano e, come dice il salmo che abbiamo letto, ‘acquisteremo un cuore saggio’.


Per onestà, aggiungo che mi limiterò solo qualche spunto di meditazione. Molte altre riflessioni potrebbero essere aggiunte.


 


1°. LA MORTE


 


1. Il mistero della morte


 


L’uomo, come ogni essere vivente, ha il suo corpo segnato dalla legge della morte. Col passare del tempo un progressivo invecchiamento e deterioramento si diffonde in ogni cellula e, alla fine, spegne definitivamente la vita.


L’uomo è come un soffio, i suoi giorni come ombra che passa’: così il salmo 144 fotografa l’esistenza umana. Lascia dietro sé la traccia che lascia un soffio o un ombra passeggera.


Questa legge inesorabile, iscritta in ogni essere vivente, non è mai stata accolta in modo tranquillo e ovvio dall’uomo. Il destino a invecchiare e morire è istintivamente subito come una condanna perche soffoca l’aspirazione più profonda dell’animo: il desiderio di vivere, di gioire, di amare.


Questo conflitto tra il desiderio di vivere nella gioia e nell’amore e la condanna a morire è ben noto ad ognuno perché accompagna ogni uomo lungo la sua esistenza. In certi momenti della vita si fa sentire in modo più urgente e ci pone davanti gli interrogativi più profondi e personali che ci siano: come sarà la mia morte? Che senso ha la vita? Per che cosa val la pena spendere i miei giorni e le mie capacità? Perché devono essere stroncati senza speranza gli affetti più cari? Perché la morte deve improvvisamente lasciare incompiuti per sempre tanti desideri e progetti?


Magari senza confessarle altri, ognuno di noi nasconde dentro di sé queste e simili domande. E cerca una risposta che dia serenità e speranza. Ma la risposta è difficile perché la morte è avvolta da un’ombra oscura di mistero. La parola ‘mistero’ viene da un termine greco che significa ‘tacere’. Il mistero è una realtà che ci fa chiudere la bocca perché non ci vengono parole; la nostra mente non riesce a capire e a dare una risposta.


Pensare alla nostra morte, che sicuramente ci attende, ci lascia in silenzio perché essa è avvolta dal mistero; come lo è, di conseguenza, il senso della nostra vita.


La Rivelazione cristiana, su cui ogni cristiano fonda la propria fede, rompe questo silenzio è ci suggerisce qualche parola di risposta e di speranza. Ne ricordo brevemente due.


 


2. ‘Lo Spirito di Dio darà la vita anche ai vostri corpi mortali’


 


L’antico Credo della nostra Chiesa di Aquileia termina con questa confessione di fede: ‘Credo la risurrezione di questa carne’. E’ in piena sintonia con i simboli di fede di ogni Chiesa cristiana, cominciando dai più antichi. Tutti si concludono con queste parole di speranza: ‘Aspetto la risurrezione dei morti ‘ credo la risurrezione della carne’.


Quando accompagnamo una persona cara al cimitero, i cristiani sono sorretti dalla speranza che quel corpo senza vita, anche se è destinato al disfacimento, non è perso per sempre. Al parente o all’amico, che la morte ci ha strappato, Dio riserverà lo stesso miracolo che ha riservato a Gesù suo Figlio.


Dalla croce fu calato il corpo orribilmente dilaniato di Gesù e Maria, l’Addolorata, lo depose dentro una tomba aiutata da Giovanni, Maria di Magdala e altri discepoli. E fu chiusa la tomba come si fa sul corpo di ogni morto.


Ma il mattino di pasqua la tomba era spalancata e Gesù andò incontro a Maria di Magdala, giunta alle prime luci dell’alba. Era proprio lui, risorto con il suo vero corpo che essa abbracciò in ginocchio. A Tommaso che dubitava Gesù fece mettere il dito nelle piaghe lasciate dai chiodi e dal colpo di lancia al cuore.


Era proprio lui con il suo corpo che portava le piaghe della passione subita per amare tutti fino alla fine. Quelle ferite, però, non suscitavano nei discepoli terrore di morte ma trasmettevano una incontenibile gioia e speranza.


Essi capirono di colpo che Gesù aveva aperto, con il suo corpo, la strada della vita attraverso la morte. Se si affidavano a Lui li avrebbe accompagnati uno ad uno attraverso quella stessa strada. La morte non era più il capolinea insuperabile contro cui si scontrava ogni speranza. Era diventata un passaggio per vivere con Gesù nel posto che lui aveva preparato.


Gesù non aveva perso nulla di se stesso dentro la morte. Era risorto con tutta la sua persona, anche con il corpo quasi ornato dalle ferite della passione di dolore e di amore che aveva affrontato.


Era risorto per lui e per noi. Egli aveva promesso: ‘E questa è la volontà di colui che mi ha mandato, che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma lo risusciti nell’ultimo giorno’ (Gv 6,39). Se ci affidiamo a Lui anche con i nostri peccati, se facciamo la comunione con Lui mangiando il suo Corpo e ricevendo il suo Spirito Santo, Gesù non  perderà nulla di noi anche quando finiremo dentro la morte.


Strapperà dalla morte la nostra anima, mente, cuore; anche la nostra carne. Per questo i cristiani hanno sempre confessato: credo la risurrezione di questa carne.


 


3. ‘Il sacrificio espiatorio per i morti, perché siano assolti dal peccato’ (2 Maccabei 12, 45)


 


Visitando le foranie di montagna sono stati colpito dalle antica tradizione di seppellire tutti i morti nel cimitero adiacente alla chiesa madre della Pieve. Magari durante l’inverso il corpo del defunto veniva conservato al freddo e, appena era possibile percorrere le mulattiere, veniva portato in processione alla Pieve per la messa di suffragio e la sepoltura nell’unico cimitero.


Lì attendeva con gli altri defunti il giorno della risurrezione. Ma, specialmente, lì i cristiani si fermavano uscendo dalla S. Messa per una preghiera in suffragio dei propri morti.


In questo modo i nostri vecchi manifestavano la speranza che avevano professata in chiesa dicendo: ‘Aspetto la risurrezione dei morti’. Credevano fermamente che la morte non era la distruzione totale della persona cara per cui il suo corpo poteva essere lasciato ovunque.


Quel corpo era sacro perché aveva ricevuto il battesimo, il dono dello Spirito Santo nella cresima e il Corpo di Gesù nell’eucaristia. Per questo veniva posto in un luogo consacrato in attesa del giorno in cui Gesù vincerà la morte anche in tutti coloro che sono morti nella fede e li farà risorgere anche nella loro carne.


I cristiani non abbandonano i propri morti e sanno di poter mantenere vivo un dialogo con loro: il dialogo della preghiera, la preghiera di suffragio.


L’amore per i cari defunti resta vivo negli anni e si trasforma in preghiera e nella celebrazione di S. Messe in suffragio.


Questa preghiera fa tanto bene anche a noi perché ci ricorda la meta a cui siamo incamminati: la soglia della morte che i cari defunti hanno già oltrepassato.


Il salmo 89, che abbiamo ascoltato, ha questa bella espressione: ‘Insegnaci a contare i nostri giorni e acquisteremo un cuore saggio’. Il ricordo dei nostri morti ci insegna a spendere con responsabilità i giorni che passano rendendo il nostro cuore sempre più saggio.