OMELIA NELLA GIORNATA PER LA VITA CONSACRATA

02-02-2013


Care sorelle e fratelli consacrati,


 eccoci riuniti in Cattedrale per questo nostro appuntamento di famiglia: la festa della Presentazione di Gesù al tempio. Ringraziamo oggi il Signore Gesù per averci chiamati alla speciale vocazione di consacrare di tutti noi stessi a lui e alla Chiesa. Lo ringraziano, in particolare, le religiose/i che ricordano un anniversario giubilare e assieme a loro si rinnova in noi un profondo sentimento di meraviglia perché Gesù ha guardato alla nostra piccola persona e l’ha fatta sua proprietà. Con le parole del salmo 15, questa sera ripetiamo: ‘Signore tu sei mia parte di eredità e mio calice; nelle tue mani è la mia vita’.


Sono parole che risuonano in noi con un fascino e una forza particolare in questo Anno della fede. Essere consacrati, infatti, significa vivere di fede come Abramo, come Maria, come i vostri santi fondatori.


Viveva di fede il giusto Simeone che accolse tra le sue braccia il bambino Gesù che Maria e Giuseppe presentavano al tempio. Sulla fede di Simeone mi soffermo per un momento di riflessione.


Quali grazie aveva portato la fede a questo santo vecchio?


Aveva creato in lui una luce che gli permetteva di conoscere quello che gli altri non capivano. Tanti sacerdoti e inservienti del tempio videro il bambino di Maria e Giuseppe ma non ci fecero caso perché non aveva nulla che attirasse particolarmente l’attenzione. Solo Simeone riconobbe nel bambino, che prese tra le sue braccia, la Salvezza di Dio per tutte le genti.


Ecco la differenza tra chi ha fede e chi non ha fede. Il credente ha occhi più penetranti e riconosce la presenza di Dio in mezzo agli avvenimenti che per chi non ha fede sono solo vicende umane fatte da uomini o dal caso.


Come consacrati siamo chiamati ad avere lo sguardo profondo di Simeone che penetra oltre le apparenze umane e riconosce nei fatti e nelle persone la presenza di Gesù che opera con il suo Santo Spirito.


Tante persone oggi hanno uno sguardo opaco che non sa andare oltre le apparenze esteriori. Vedono i fatti della vita con gli occhi del telegiornale che mai mostra Dio in azione dentro quei fatti. Senza fede non riescono a penetrare più in profondità ma nel segreto del loro animo desidererebbero scoprire che non siamo in balia del caso o in mano ai calcoli di uomini che comandano. Sarebbe una grande consolazione per loro riconoscere che in mezzo a noi cammina Gesù che non ci lascia soli. Riconoscerlo come Simeone che nel bambino Gesù, apparentemente uguale a tanti altri, vide il Figlio di Dio che entrava nel tempio per prenderne possesso e portare la salvezza promessa, Riconoscerlo come i due discepoli che sulla strada da Gerusalemme a Emmaus si resero conto di non essere soli perché lo sconosciuto compagno di viaggio era proprio Gesù risorto che camminava ogni giorno con loro.


Queste persone si rivolgono a noi consacrati convinte che noi abbiamo occhi più buoni dei loro e vediamo la presenza del Signore; convinte che, proprio perché siamo consacrate/i abbiamo gli occhi penetranti della fede.


Questa, care sorelle e fratelli, è la nostra principale missione in questo tempo di nuova evangelizzazione: essere come delle sentinelle come lo era Simeone nel tempio per riconoscere Gesù che cammina in mezzo a noi nei fatti di ogni giorno e mostrarlo ai nostri fratelli.


Onestamente, però, dobbiamo fare un esame di coscienza è chiederci: abbiamo lo sguardo penetrante di fede di Simeone? Riconosciamo i segni della presenza concreta di Gesù nella vita nostra e delle altre persone? Oppure anche il nostro sguardo è diventato opaco come quello di tante persone che ci circondano?


Simeone aveva lo sguardo illuminato dalla fede perché si era allenato lungo tutta una vita con preghiere e digiuni. Facendo eco al richiamo del Santo Padre contenuto della Lettera apostolica ‘Porta fidei’, nella mia Lettera pastorale ‘Ho creduto, perciò ho parlato’ ho messo in guardia dalla tentazione di dare per scontata la fede e mi sono permesso di aggiungere che proprio noi consacrati siamo esposti a questa tentazione.


Lo Spirito Santo ci liberi da questa tentazione che rende miopi i vescovi, i sacerdoti le religiose/i e li pone nella condizione di non vedere più bene Gesù presente nella vita. In questo caso essi deludono tante persone che sperano di trovare almeno in loro la luce della fede che illumina questa vita e fa vedere che non siamo soli ma con Gesù che cammina con noi ogni giorno. Credo che anche per un ateo che ha perso la fede non ci sia delusione più grande che incontrare un religioso che ha poca fede. Senza fede vien meno la speranza e anche un ateo ha bisogno di speranza e nel suo cuore spera di trovare qualcuno che gli mostri che esiste Colui nel quale si può credere e avere speranza.


Care sorelle e fratelli, come Simeone anche noi siamo chiamati a mostrare agli altri che il Signore ci viene incontro. Potremo svolgere questa missione così attuale e importante se avremo gli occhi illuminati dalla fede come Simeone, grazie a continui digiuni e preghiere.


L’Anno della fede rinnovi in noi questa grazia.