OMELIA NELLA CELEBRAZIONE PER LA GIORNATA DELLA VITA CONSACRATA

02-02-2012


Care sorelle e fratelli consacrati nei consigli evangelici della povertà, verginità e obbedienza,


la festa della Presentazione di Gesù al tempio ci vede riuniti anche quest’anno nella nostra chiesa cattedrale. La liturgia della festa odierna prevede un segno particolare: la benedizione e l’accensione delle candele che ognuno di noi porta in mano. Quel cero che brucia e si consuma trasmettendo attorno a sé luce e calore è un simbolo della vostra ‘ aggiungo, della nostra ‘ consacrazione a Cristo e alla sua Chiesa. Questa è la grande vocazione per cui siamo stati chiamati alla vita: consumarci di amore verginale, povero e obbediente per Gesù e per i fratelli. Proprio come i due santi vecchi, Simeone ed Anna, protagonisti dell’episodio evangelico, che servivano notte e giorno Dio con digiuni e preghiere.


La fiamma bruciante della nostra consacrazione si alimenta, però, da un fuoco più profondo, la fiamma della fede. Senza una fede viva non c’è consacrazione nella Chiesa e, se ‘ Dio non voglia ‘ si affievolisce la fede, la vita di una consacrata o di un consacrato rischia di diventare abitudine, ricerca di un ruolo, riempirsi il tempo con cose da fare, comodità.


Per questo, la candela che la liturgia ci mette in mano sia simbolo del nostro quotidiano impegno a ravvivare la fede nel Signore Gesù, senza mai darla per scontata solo perché siamo dei consacrati.


Quest’anno c’è un forte motivo in più per verificare la nostra esperienza di fede: l’Anno della fede indetto da Benedetto XVI e che inizierà il prossimo 11 ottobre per ricordare i 50 anni di indizione del Concilio Vaticano II e i 20 anni della promulgazione del Catechismo della Chiesa Cattolica.


Il Santo Padre invita i cristiani di tutto il mondo a ricordare questi due avvenimenti decisivi per la Chiesa del nostro tempo con un anno dedicato a rinnovare la confessione e l’esperienza della fede.


Già da ora noi consacrati dobbiamo essere in prima fila nell’accogliere l’invito del Papa perché a noi riserva un passaggio della lettera apostolica ‘Porta fidei’: ‘Per fede uomini e donne hanno consacrato la loro vita a Cristo, lasciando ogni cosa per vivere in semplicità evangelica l’obbedienza, la povertà e la castità, segni concreti dell’attesa del Signore che non tarda a venire’.


Tocca a noi mostrare in modo  limpido e affascinante che solo per fede si può consegnare senza pentimenti tutta la vita a Cristo e lasciare ogni sicurezza umana, materiale, affettiva, di autonomia di scelte. Per fede si può vivere la più grande delle libertà: perdere la vita per Cristo e attendere che Lui ce la ridoni quando verrà per l’incontro finale.


La lettera apostolica di indizione dell’Anno della fede ‘ che invito tutti a leggere ‘ ha per titolo una splendida immagine: ‘Porta fidei’, la porta della fede.


E’ molto significativo indicare la fede come una porta e il Papa commenta: ‘Attraversare quella porta comporta immettersi in un cammino che dura tutta la vita. Esso inizia con il Battesimo (cfr Rm 6, 4), mediante il quale possiamo chiamare Dio con il nome di Padre, e si conclude con il passaggio attraverso la morte alla vita eterna, frutto della risurrezione del Signore Gesù che, con il dono dello Spirito Santo, ha voluto coinvolgere nella sua stessa gloria quanti credono in Lui (cfr Gv 17,22)’.


Quante persone, che anche conosciamo, non superano mai la soglia della fede. Hanno ricevuto il battesimo e gli altri sacramenti dell’iniziazione cristiana ma, poi, restano al di qua della porta della fede e non vedono mai gli orizzonti di gioia e di speranza che si spalancano davanti a chi passa attraverso quella porta.


Purtroppo, dobbiamo aggiungere un’osservazione anche più triste: spesso non conoscono più neppure l’esistenza di questa porta; vivono tutti i loro giorni come se l’orizzonte si chiudesse nella morte a cui ci si sta rassegnando.


Ad essi noi, consacrati, abbiamo la missione di mostrare che esiste questa porta, che esiste l’esperienza della fede, che chi entra in questa esperienza scopre realmente nuovo senso e nuova speranza per l’esistenza che altrimenti, come dice il salmo, è fatta di giorni che per la maggior parte sono ‘fatica e dolore’ e’passano presto e noi ci dileguiamo’.


I consacrati sono chiamati a questa nuova evangelizzazione perché ‘solo per fede’ hanno dato tutto a Cristo e, se non fosse fondata la loro speranza, allora, come dice S. Paolo: ‘Se poi noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto in questa vita, siamo da compiangere più di tutti gli uomini (1 Cor 15,19..


Nella vita spirituale non si ha mai imparato una volta per tutte a varcare la porta della fede e dare per scontata questa esperienza è una delle più gravi tentazioni del demonio.


Concludo l’omelia lasciandovi, allora, l’invito che il Santo Padre  fa al n. 15 della Lettera apostolica perché ci accompagni lungo tutto l’anno: ‘Giunto ormai al termine della sua vita, l’apostolo Paolo chiede al discepolo Timoteo di ‘cercare la fede’ (cfr 2Tm 2,22) con la stessa costanza di quando era ragazzo (cfr 2Tm 3,15). Sentiamo questo invito rivolto a ciascuno di noi, perché nessuno diventi pigro nella fede. Essa è compagna di vita che permette di percepire con sguardo sempre nuovo le meraviglie che Dio compie per noi. Intenta a cogliere i segni dei tempi nell’oggi della storia, la fede impegna ognuno di noi a diventare segno vivo della presenza del Risorto nel mondo. Ciò di cui il mondo oggi ha particolarmente bisogno è la testimonianza credibile di quanti, illuminati nella mente e nel cuore dalla Parola del Signore, sono capaci di aprire il cuore e la mente di tanti al desiderio di Dio e della vita vera, quella che non ha fine’.