OMELIA NELLA CELEBRAZIONE DI PRIMI VESPRI NELLA VIGILIA DELLA FESTA DEI SANTI PATRONI ERMACORA E FORTUNATO

11-07-2013


  Cari sacerdoti, diaconi, consacrate/i, fedeli laici


 


“Chi ci separerà dall’amore di Cristo?”. Fermiamoci un momento su queste parole di S. Paolo che abbiamo appena ascoltato. Esse sono un vero inno di vittoria che l’apostolo canta di fronte al mondo. L’apostolo non ė un illuso; mostra di sapere bene, per esperienza personale, che il mondo riserva ai cristiani tribolazione, angoscia, persecuzione, fame, nudità, pericolo, spada. Ma può aggiungere con umile certezza: “in tutte queste cose noi siamo più che vincitori”. La sicurezza di S. Paolo non si fonda sulla forza economica, politica o militare dei cristiani che, mentre scriveva, erano una piccola minoranza dentro la grande città di Roma. Egli si sente protetto da ogni forza di male ‘in virtù di colui che ci ha amati’. Aveva incontrato Cristo Gesù sulla via di Damasco e si era affidato a lui senza riserve. Da quel momento aveva scoperto la vera speranza: la sicurezza che Gesù amava proprio lui e che nessuna potenza di male dei cieli o della terra poteva ‘separarlo dall’amore di Dio in Cristo Gesù, suo Signore’.


 


Le parole di S. Paolo sono il ritratto spirituale anche dei nostri santi patroni e martiri, il vescovo Ermacora e il diacono Fortunato, in onore dei quali stiamo celebrando questi vespri. Sono vissuti in tempi tribolati di crisi sociali, politiche ed economiche, più tribolati ancora per i cristiani perché erano giunte anche ad Aquileia le persecuzioni. Ed Ermacora e Fortunato conclusero in modo cruento la loro esistenza terrena subendo il martirio. Eppure con la vita e con la parola mostrarono che si sentivano ‘più che vincitori’ perché non si lasciarono piegare da nessuna paura. Neppure la minaccia di venire uccisi li distolse dalla loro scelta di vita di dedicare tutte le forze ad annunciare il Vangelo, a servire la Chiesa nata ad Aquileia, a dedicarsi ai fratelli più deboli bisognosi.


In questo modo essi furono testimoni credibili di una speranza così forte da infondere il coraggio di dare la vita senza paura di perderla. Si sentivano custoditi dall’amore di Cristo che sulla croce  e nella risurrezione aveva vinto ogni potenza di male e di morte.


Il potere pagano, che dominava allora, aveva intuito quanto pericolosa fosse la speranza che Gesù risorto aveva acceso nel mondo il mattino di Pasqua e che i suoi discepoli annunciavano. Perciò, cercò subito di sopprimere coloro che l’avevano scoperta e la testimoniavano, martirizzandoli con violenza. Ma la fiammella della speranza, che nasceva dalla fede in Gesù, era invincibile perché veniva ‘dall’amore di Dio in Cristo Gesù’. Essa ‘ come ricorda Papa Francesco nell’enciclica ‘Lumen fidei’ (n. 37) si è diffusa per contagio ed ha acceso altre fiammelle fino ad illuminare un continente e creare una nuova civiltà.


La luce della fede che ha infiammato di speranza i Santi martiri di Aquileia è giunta fino a noi, sta sostenendo anche la nostra vita e questa sera ci ha chiamato a lodare Dio in Gesù, proprio come facevano i primi cristiani attorno al loro vescovo Ermacora assistito dal diacono Fortunato.


Seguendo il loro esempio, ora tocca a noi non spegnere la speranza ma diffonderla perché anche oggi ce n’è tanto bisogno e, in mezzo a continue disillusioni, c’è bisogno di una speranza che non delude. Non è tempo di spaventarci per le difficoltà e le prove, non superiori, per altro, a quelle dell’epoca dei nostri Patroni. Anzi, proprio nelle prove deve brillare la speranza dei cristiani. Tante persone attendono che ‘ secondo le parole dell’apostolo Pietro – siamo pronti sempre a rispondere a chiunque ci domandi ragione della speranza che è in noi’ (1 Pt 3,15).


 


Per sostenerci tutti nella grande missione di diffondere la speranza attorno a noi, ho deciso, dopo aver sentito vari consigli, di invitare tutta la diocesi a vivere l’anno pastorale 2013-14 come Anno della speranza.


Proseguiamo, così, il cammino avviato con l’Anno della fede perché la fede genera la speranza. Chi scopre l’amore di Gesù e si affida a lui con tutto se stesso, sente crescere nei suoi pensieri e nel suo cuore una speranza nuova che diventa un inno di vittoria: ‘Chi ci separerà dall’amore di Cristo?’.


Prego già da stasera lo Spirito Santo perché l’Anno della speranza sia occasione favorevole per scoprire la grandezza della virtù della speranza e la serenità profonda che essa infonde nel profondo del cuore di chi crede in Gesù. Prego perché in tante famiglie e in tutte le nostre comunità si respiri l’aria fresca della speranza. In questi tempi ne abbiamo veramente bisogno quanto l’aria che ci riempie i polmoni.


 


Per aiutare a riscoprire la virtù della speranza offrirò una Lettera pastorale che sarà accompagnata da due sussidi. Come ogni anno offriremo un sussidio con testi biblici per la lectio personale e comunitaria e i testi saranno sulla speranza. Prepareremo anche un secondo sussidio con brevi biografie di cristiani che hanno testimoniato la speranza in modo straordinario. Il sussidio si rivolgerà sia agli adulti che ai bambini, in due volumetti distinti.


 


Vogliamo, poi, offrire a tutti dei segni forti di speranza.


Un grande segno di speranza è l’opera educativa. Abbiamo ripetuto questa convinzione fin da quando abbiamo scelto l’educazione come uno degli impegni primari della nostra Chiesa. Contro ogni rassegnata lamentela e senza spaventarci di fronte alle grosse difficoltà evidenti a tutti, proseguiremo nel nostro impegno di migliorare l’azione educativa cristiana delle famiglie e delle comunità. Vogliamo, a tutti i costi, accendere la fiammella della speranza in Gesù nei cuori dei nostri piccoli, adolescenti e giovani, convinti che non possiamo fare loro dono d’amore più prezioso.


Le commissioni diocesane stanno lavorando con molto impegno e all’inizio del nuovo anno pastorale offriremo orientamenti e sussidi per l’educazione dei bambini dai 0 ai 6 anni e per la preparazione al sacramento della Riconciliazione e dell’Eucaristia dei fanciulli. Ovviamente teniamo sempre presente di associare ai figli i loro genitori in un unico cammino di iniziazione cristiana.


C’è un secondo segno di speranza che tutti possiamo dare: l’impegno nella carità e nella solidarietà verso chi è meno fortunato di noi. Donare a chi è povero significa perdere perché non si può attendere ricompensa. Solo la speranza in Gesù da la forza di donare gratuitamente senza resistenze e paure perché ci convince che l’amore è l’inizio della vita eterna che né male né morte potrà negarci.


Invito a dare una grande testimonianza di speranza moltiplicando i gesti di solidarietà tra persone, tra famiglie, nelle parrocchie. La diocesi, attraverso la Caritas, si impegnerà a sostenere e accompagnare, in modo particolare, i centri di ascolto offrendo idee e mezzi per promuovere relazioni di solidarietà sul territorio chiamando tutte le forze ad un’efficace collaborazione.


 


Quando i due discepoli di  Emmaus riconobbero che Gesù risorto era tra loro e donava loro il pane dell’eucaristia, nella loro mente e nel loro cuore esplose la luce della speranza, guardarono la vita con occhi nuovi, si risvegliarono in loro energie che non conoscevano.


Lo stesso Gesù, partendo dalla celebrazione eucaristica, ci doni la grazia di ravvivare in noi la virtù della speranza. Ce la insegnino i nostri Patroni Ermacora e Fortunato e tanti altri testimoni di speranza che la nostra Chiesa ha conosciuto lungo la sua storia.


 


Festa dei Santi patroni Ermacora e Fortunato


(Cattedrale 11 luglio 2013)