Omelia in occasione dell’Epifania (6 gennaio 2018)

07-01-2018

Cari Fratelli e Sorelle,

 

le letture della Parola di Dio della festa dell’Epifania del Signore parlano di persone e di popoli che giungono da lontano interessati al bambino, figlio di Maria, che è nato a Betlemme. Dalle terre d’oriente giungono i magi guidati da un segno del cielo, la stella, che si ferma solo quando giunge sopra il luogo in cui giace Gesù.

 

I magi mi hanno richiamato alla memoria quei giovani e adulti, che in questi anni hanno chiesto di diventare cristiani e che ho battezzato la notte di Pasqua. Quasi tutti, come i magi, venivano da paesi lontani dove non avevano conosciuto il Vangelo e la fede cristiana. Giunti tra noi, alla ricerca di lavoro o di sicurezza, hanno sentito parlare di Gesù ed è nato in loro il desiderio di conoscerlo più personalmente, di credere in lui e di impostare la loro vita come lui ci ha insegnato. Leggendo le lettere che ogni anno mi scrivono per chiedere il battesimo, tante volte sono stato colpito e commosso dalla gioia profonda che esprimevano per aver trovato in Gesù Cristo e nel suo Vangelo la luce e la speranza che cercavano per la loro vita. A volte il loro cammino verso l’incontro con Gesù dentro la Chiesa è durato anni anche perché hanno fatto fatica a trovare tra noi qualcuno che li ascoltasse, si interessasse alla loro ricerca e li accompagnasse verso il battesimo. Come i magi, però, non si sono stancati perché cercavano un senso e una speranza profonda per la loro vita e avevano intuito che in Gesù  e nella fede cristiana potevano trovarla.

 

Possiamo dire che anche a Udine abbiamo i nostri “magi” che, venuti da lontano, da culture e religioni diverse, hanno provato la stessa gioia dei primi magi quando sono riusciti a conoscere Gesù e ad inginocchiarsi in preghiera davanti a lui, offrendogli in dono la loro vita. Con alcuni ho ancora un certo rapporto e scopro che continuano nel loro impegno cristiano; spesso hanno formato una bella famiglia fondata stabilmente sul sacramento del matrimonio.

 

I magi giunsero improvvisamente a Gerusalemme e domandarono: «Dov’è colui che è nato? Il re dei Giudei?». Erano convinti che nella città santa, dove erano state fatte le profezie sul Messia, si sapesse bene dove era nato. Ma così non era perché nel cuore del popolo ebreo si era addormentata l’attesa del Salvatore mandato da Dio. Erano presi da altri interessi. Gli studiosi, poi, sapevano anche il nome del paese in cui avrebbe dovuto nascere il Messia e lo riferiscono ad Erode: «A Betlemme di Giudea come è stato scritto dal profeta». Ma un conto era saperlo perché lo si era letto sul libro e un conto era avere nel cuore l’attesa viva della visita dell’Inviato da Dio. Erode, invece, era preoccupato solo di conservare il potere che aveva ottenuto a fatica dall’imperatore romano ed era attento ad eliminare ogni concorrente.

 

E, così, gli unici che arrivarono a trovare Gesù furono i magi venuti da lontano. Solo loro fecero ritorno ai paesi di origine portano dentro di loro una luce nuova che avrebbero certamente trasmesso a vicini e conoscenti, facendosi missionari di Colui che avevano conosciuto a Betlemme.

 

Cari Fratelli e Sorelle, accogliamo l’invito dei magi del vangelo e di quelli che ho chiamato “i nostri magi”, i nuovi cristiani che si sono convertiti giungendo tra noi e hanno ricevuto il battesimo. Essi ci mostrano che hanno vissuto una gioia grande quando hanno conosciuto Gesù e hanno scoperto il suo vangelo. Per loro questa è stata veramente una bella notizia. Essi ci pongono una domanda provocatoria: «Voi che avete ricevuto la fede cristiana fin da piccoli, avete la gioia nel cuore? Siete contenti di essere cristiani?».

 

È una domanda provocatoria perché, forse, come gli abitanti di Gerusalemme rischiamo di addormentare le nostre coscienze. Un’inchiesta apparsa giorni fa in un nostro quotidiano, evidenziava come siano aumentati i battezzati che abbandonano la frequenza alle celebrazioni in chiesa e anche la fede. Di questi, solo una minima percentuale confluisce in altre esperienze religiose. Quasi tutti, invece, entrano in uno stato di indifferenza religiosa presi da altri interessi che occupano il posto della fede. Si può vivere bene anche così? Non voglio giudicare le situazioni personali, perché ognuno ha la sua storia con le sue vicende che lasciano il segno. Mi permetto solo di osservare che si avverte a volte in questo nostro tempo un clima crepuscolare; come se si vivesse l’esistenza in agrodolce. Ci sono anche le soddisfazioni ma, insieme, ristagna nel fondo dell’anima un velo di amarezza, come se mancasse qualcosa per avere la gioia piena. 

 

Come ricorda il grande sant’Agostino, il cuore dell’uomo è inquieto finché non trova un senso grade per vivere; finché non incontra chi gli dona una speranza che non delude. Può anche provare ad accontentarsi di soddisfazioni a portata di mano ma gli resta nel fondo un’insoddisfazione ed un’inquietudine che, prima o poi, vengono a galla.

 

Non mi dilungo ulteriormente in una riflessione che chiederebbe più tempo. invito solo me e tutti a prendere l’esempio di magi e dei “nostri magi” e cercare la sorgente della gioia vera che riempie il cuore. Torniamo ad abitare quel tempio interiore che è il nostro cuore e cerchiamo risposte grandi alle grandi domande che portiamo in noi. Troveremo ancora Gesù perché lui è “Via, Verità e Vita”.