Omelia in occasione delle esequie di don Giuseppe Morandini (3 settembre 2018)

03-09-2018

Cari Fratelli e Sorelle,

il caro don Giuseppe Morandini ci ha lasciato in modo quasi improvviso perché il male che lo ha colpito si è manifestato, fin dalla prima diagnosi, molto grave e umanamente invincibile.

Ha lasciato questa vita terrena quasi in silenzio, senza dare troppi disturbi, come è stato sempre nel suo modo di essere sobrio, fedele, lontano dal voler mettersi in mostra.

Molti di voi, cari fedeli specialmente delle comunità di Fusine, Coccau e Cave del Predil, avete conosciuto da vicino don Giuseppe perché tra voi ha consumato quasi tutti gli anni del suo sacerdozio, dopo essere stato nel primo periodo vicario parrocchiale a Feletto Umberto e a Cassacco. In questo momento portate nel vostro cuore tanti ricordi di questo bravo sacerdote. Sono ricordi belli che fanno nascere in voi un profondo sentimento di riconoscenza a Dio per averlo avuto come parroco e pastore. In questa Santa Messa di esequie la nostra gratitudine per don Giuseppe si trasformi in preghiera; è questo il grazie che egli certamente ci chiede in questo momento. Come abbiamo ascoltato nel vangelo, il Signore ha bussato improvvisamente alla sua porta e lo ha chiamato a rendere conto della vita e della vocazione che aveva ricevuto. Sia accompagnato dalla nostra preghiera riconoscente che lo raccomanda alla misericordia di Dio Padre perché sia accolto tra i beati e trovi il suo posto preparato per lui nel banchetto della Comunione dei Santi. A quel banchetto ritroverà con gioia tanti volti che ha conosciuto su questa terra, tanti cristiani a cui ha voluto bene, a cui ha donato il suo cuore di pastore fedele e che adesso sono contenti di averlo tra loro nella patria eterna.

Anch’io personalmente, in questi anni di ministero di vescovo a Udine, ho avuto varie occasioni di incontrare don Giuseppe e conservo di lui un ricordo buono ed edificante.

Quando ci siamo parlati, in questi ultimi mesi e in più occasioni, della sua grave malattia mi ha veramente colpito la serenità d’animo con cui affrontava questa grave prova. Mi ha manifestato un sentimento di affidamento semplice e fiducioso ai medici ma, più profondamente, al Signore. Sentiva che era giunto il momento di mettere la propria vita nelle mani di chi poteva aiutarlo, per quanto umanamente possibile, ma specialmente nelle mani del Signore Gesù del quale si era sempre fidato.

Mi è venuta in mente subito la parabola evangelica del servo fedele che oggi ho fatto leggere in questa S. Messa di esequie. Ho colto in don Giuseppe la spiritualità di quel servo che quando il Padrone giunge e bussa non viene colto di sorpresa e impreparato ma è pronto ad aprire e ad andare con lui. Penso di poter dire che anche don Giuseppe era preparato anche se la malattia è giunta di sorpresa. Era preparato perché lungo tutti gli anni del suo sacerdozio egli ha vissuto proprio come un servo fedele di Gesù e dei cristiani che la Provvidenza gli aveva affidato.

È stato un pastore quotidianamente fedele, condividendo la vita delle persone e delle comunità a lui affidati. Negli oltre 40 anni di parroco a Coccau prima e poi a Fusine e a Cave del Predil ha visto dei forti cambiamenti in questi paesi e li ha condivisi con la sua gente senza stancarsi e senza chiedere altro ai suoi superiori. Ha sempre assicurato la sua presenza di parroco e pastore curando diligentemente la formazione, la vita liturgica, la carità, anche la manutenzione degli edifici sacri. Ha fatto questo con semplicità, con il suo sorriso sulle labbra e negli occhi, trasmettendo a tutti un senso di accoglienza e di serenità.

Questa fedeltà non è una virtù facile e non può che nascere da un cuore autentico di sacerdote che ha imparato la carità di Cristo buon pastore che cura con attenzione e delicatezza tutte le sue pecore.

Anche tra i confratelli sacerdoti don Giuseppe è stato una presenza positiva, incoraggiante, che favoriva la comunione, che preferiva sdrammatizzare le situazioni piuttosto che dar spazio a tristezze e risentimenti. Ed era di un’immediata generosità, sempre pronto a dare una mano dove si creavano delle necessità; anche se rifuggiva ruoli più importanti di responsabilità.

Caro don Giuseppe, adesso che hai concluso il pellegrinaggio terreno, ti accompagniamo con la nostra preghiera e chiediamo che Gesù risorto ti accolga chiamandoti “beato” perché sei stato tra quei suoi servi fedeli che lui vuol tenere con sé per la vita eterna.