Omelia in occasione delle esequie di don Elia Piu (26 novembre 2020)

26-11-2020

Cari Fratelli e Sorelle, 

ho sempre pensato che, per un cristiano, la consolazione più grande al momento della sua morte sia quella di presentarsi davanti a Gesù mostrandogli di aver incarnato nella propria vita una pagina del Vangelo.

Pensando alla vita sacerdotale del carissimo don Elia Piu, mi è venuto subito alla mente il brano evangelico che abbiamo appena ascoltato nel quale Gesù invita i suoi discepoli ad essere dei servi che svolgono fedelmente il compito che è stato loro affidato, sempre in attesa del loro Signore quando torna, di giorno o di notte, e bussa alla loro porta  per chiamarli con sé. In queste parole del Signore possiamo riconoscere quasi la fotografia dei 65 anni di ministero di questo nostro amato e stimato sacerdote. Dentro la Chiesa è stato un servo fedele. 

Potremmo raccontare, in questo momento, tante esperienze vissute con don Elia. Ognuno di voi, cari fedeli di Marano, avrebbe le sue da ricordare e troverete le occasioni per farlo. Credo, però, che siate tutti pronti a confermare che, tra voi, don Elia è stato un servo di Cristo e della Chiesa, fedele fino all’esaurimento delle forze e dei giorni che la Provvidenza aveva stabilito per lui. 

Il servo sta dove il padrone lo mette e fin quando il padrone vuole; e si dedica con fedeltà e generosità ai suoi doveri senza aspettarsi ricompense e senza avere altre aspettative o progetti nella sua testa. A don Elia la volontà di Dio ha chiesto, dopo sette anni di cappellano a S. Giorgio Maggiore di Udine, di dedicarsi alla parrocchia di Marano. Ed egli si è veramente incarnato in questa comunità cristiana che è diventata la sua famiglia e la sua vita. 

S. Paolo Scrive: “Mi sono fatti giudeo con i giudei.. debole con i deboli., tutto a tutti per salvare ad ogni costo qualcuno” (1 Cor 9, 20-22). Possiamo aggiungere che don Elia si è fatto “maranese con i maranesi” per portarne il più possibile alla fede in Gesù e per mantenere vive le grandi tradizioni cristiane di questa comunità. 

Anche quando nel 2014, ormai anziano, decise di passare la guida della comunità ad altri pastori e di ritirarsi nella Fraternità sacerdotale, abbandonò solo fisicamente Marano. Nelle mie periodiche visite a quella comunità di sacerdoti anziani, ricordo che don Elia mi aspettava con quel suo sguardo un po’ da bambino per avere notizie della sua Marano che continuava a portare fedelmente nel cuore e nella preghiera. 

Cari cristiani veramente avete avuto tra di voi per 52 anni un servo di Cristo fedele e un pastore buono che ha consumato la vita per le sue pecore senza pensare a se stesso.

Questa sua spiritualità evangelica, don Elia ce la rivela anche nel suo testamento che sento mio dovere ricordare in questo momento perché contiene le ultime  preziose parole che egli rivolge ai suoi cristiani e anche a noi suoi confratelli.

Scrive: “Personalmente non sono stato padrone né di un metro quadrato di terra, né di un mattone. Non ho debiti né crediti di sorta. Per cui non ho nulla da lasciare ad alcuno”. I pochi soldi che lascia devono servire a far celebrare le S. Messe che non è riuscito lui a celebrare prima della sua morte. Chiede, inoltre, che siano usati per le spese del suo funerale  che, però, precisa: “Sia senza fiori, senza banda, il più semplice possibile e con la sepoltura fatta in terra”. 

In queste parole ultime di don Elia riecheggia l’invito di Gesù ai suoi discepoli: “Andate senza sacca, né pane, né denaro”. Ha concluso la sua esistenza terrena spoglio di tutto come il servo fedele di Cristo che si è dedicato interamente alle persone e alla comunità a lui affidata senza accumulare beni, senza avere interessi personali, senza cercare ricompense perché la sua ricompensa l’aspettava solo dal suo Signore. 

Dove ha trovato la forza interiore per vivere questa fedeltà? E’ ancora lui a suggerirci la risposta in un’altra espressione che è una vera perla preziosa. Scrive: “Ho sempre considerato la mia vita un segno dell’amore di Dio in mezzo agli uomini. La considero veramente ben spesa se qualcuno ha saputo cogliere in me la sua presenza e se lo ho aiutato a sentirsi più disponibile nell’amore verso i fratelli”. Nella prima lettura San Giovanni ci ha detto: “In questo abbiamo conosciuto l’amore, nel fatto che egli  ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli”. Anche don Elia ha vissuto l’esistenza terrena come un impegno d’amore. Aveva conosciuto l’amore di Gesù per lui specialmente nella vocazione e nella consacrazione sacerdotale ed essere segno di questo amore in mezzo ai fratelli è stato il suo più profondo programma di vita, l’energia che lo ha sostenuto nel suo lungo e fedele ministero.

Ora, in questa Santa Messa di esequie, con tanta fede e affetto presentiamo il caro don Elia al Signore Gesù perché lo accolga tra i servi che lui stesso serve nel banchetto della vita eterna.

Don Elia riposerà nel cimitero della sua Marano e continuerà ad essere intercessore presso la misericordia di Dio per tutti.