Omelia in occasione delle esequie di don Domenico Zannier (14 gennaio 2017)

14-01-2017

Cari Fratelli e Sorelle,



don Domenico Zanier non è più tra noi, la morte lo ha preso con sé e ha troncato il suo pellegrinaggio terreno durato 86 anni, di cui, 60 di sacerdozio. Ci siamo riuniti nella chiesa parrocchiale di Maiano, paese dove egli ha voluto essere sepolto, non solo per ricordare un uomo e un prete del Friuli a cui riconosciamo grandi benemerenze; don Domenico è stato anche questo. Prima di tutto, però, noi celebriamo la S. Messa in suffragio della sua anima perché crediamo e speriamo nelle parole dell’apostolo Paolo che abbiamo ascoltato: «Ecco, io vi annuncio un mistero: noi tutti non moriremo ma saremo trasformati. É necessario, infatti, che questo corpo corruttibile si vesta di incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta di immortalità». Don Domenico è vissuto con questa speranza nel cuore grazie alla fede respirata in famiglia e nel suo Friuli. Ora è giunto per lui il momento di veder realizzata la sua speranza e di entrare, attraverso il misterioso passo della morte, nella vita incorruttibile e immortale che Gesù, distruggendo il male e la morte, ha creato per chi crede in lui e nella quale già vivono la Vergine Maria e tutti i Santi. Con la nostra preghiera comunitaria invochiamo da Dio misericordioso questa grazia finale.



Pre Meni, come lo chiamavano affettuosamente i tanti suoi amici, ci lasciato in silenzio, in modo discreto, quasi riservato. Quando, di sorpresa, ci è giunta la notizia della sua morte, lui se n’era già andato. Il Signore, nella sua provvidenza, gli ha dato la grazia di morire con lo stile riservato e nobile con cui aveva vissuto. Personalmente ho incontrato don Domenico ormai ottantenne e ho avuto diverse occasioni di dialogo con lui anche perché sentivo il desiderio di conoscerlo più a fondo. Mi incuriosiva, infatti, questo anziano sacerdote di cui sentivo le lodi per la produzione letteraria e per varie  iniziative e che mi raccontava di quello che aveva scritto e fatto con disarmante semplicità, pronto a chiudere presto il discorso su questi argomenti. 



Ho scelto  come lettura del vangelo la preghiera di lode di Gesù a Dio Padre: «Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e i dotti e le hai rivelate ai piccoli». I piccoli, che suscitano l’ammirazione di Gesù, sono i suoi discepoli che hanno un cuore semplice e trasparente; non appesantito da ombre di tornaconti personali e di secondi fini. Si sono appassionati con tutto il cuore di Gesù e del suo vangelo e questo è diventato il loro unico tesoro.



Pur con i limiti e le debolezze di ogni uomo, mi sento di riconoscere in pre Meni un cuore di piccolo secondo il vangelo che ha vissuto, con semplicità e verità, per grandi passioni. Mi sembra di averne intuite almeno tre: la passione per il suo popolo friulano, per il vangelo che aveva forgiato la vita e la cultura di questo popolo e per l’educazione, via indispensabile perché le nuove generazioni continuassero a tener viva la tradizione cristiana dei loro padri. 



Ha messo a servizio di queste tre passioni i talenti, di indubbio valore, che aveva ricevuto da Dio e lo ha fatto con un cuore profondamente sincero e appassionato che lo ha preservato dalla tentazione di usare le proprie capacità per secondi fini e tornaconti personali. 



Don Domenico è stato un grande friulano perché ha amato col cuore il suo popolo e, grazie alla cultura e alle capacità intuitive di cui era dotato, ha capito più di altri come anche la lingua poteva e doveva essere mezzo fecondo per tenere viva l’anima della grande tradizione friulana.



È stato un sacerdote autentico perché era spinto dalla passione di tramettere ancora oggi la fede cristiana e i valori del vangelo, specialmente attraverso l’educazione delle nuove generazioni.



Dal suo animo sacerdotale e friulano è nata, ad esempio, la coraggiosa e geniale iniziativa di Scuele Libare Furlane. Su questo scuola un giorno ci siamo soffermati un po’ di più a parlare e ho capito meglio lo spirito missionario che aveva animato lui e i suoi collaboratori, come pure la sua trasparente onestà che gli aveva dato la forza di resistere ad altri orientamenti che l’iniziativa poteva prendere.



Giunto al termine della sua vicenda umana,  presentiamo con la nostra preghiera don Domenico alla misericordia di Dio. Questo è certamente il regalo più grande che don Domenico ci chiede in questo momento. Davanti alla santità di Dio Padre ogni uomo «è come un soffio e i suoi giorni come ombra che passa». Noi, però, diciamo a Gesù: guarda nel profondo del cuore di pre Meni e troverai un cuore di piccolo secondo il vangelo di cui tu hai fatto l’elogio. Allora puoi prenderlo con te nella Comunione dei Santi.



Questo sacerdote ci lascia, indubbiamente, anche un grande eredità che non dovremo dimenticare perché ci indica la strada per tener viva l’anima del popolo friulano e della nostra Chiesa. 



Majano, 14 gennaio 2017