Omelia in occasione dell’apertura della Porta della Misericordia

13-12-2015
Cari fratelli e sorelle,
abbiamo attraversato la Porta della Misericordia e siamo entrati nel luogo dove ci attende la misericordia di Dio. La nostra cattedrale, in questo momento, è lo spazio sacro della misericordia del Padre che ci aspetta e ci abbraccia come figlioli che tornano a lui pentiti e feriti dalle fatiche della vita. Possiamo fare esperienza del suo abbraccio misericordioso affidandoci alle braccia umane di Gesù che è il Buon Samaritano che si inginocchia vicino ad ognuno di noi e ci raccoglie da terra, dove siamo caduti. Egli apre il suo Sacro Cuore, squarciato sulla croce, e con la medicina divina della sua misericordia guarisce le tante piaghe del nostro povero cuore.
Nel Vangelo abbiamo ascoltato la profezia di Giovanni Battista: «Io vi battezzo con acqua, ma viene colui che è più forte di me a cui non son degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco». Così, fa Gesù anche questa sera con ognuno di noi: ci battezza nello Spirito Santo. Cioè, ci riempie col suo Spirito di misericordia e con il fuoco della sua compassione che mai si stanca di volerci bene.
Gesù risorto è veramente in mezzo a noi, in questa cattedrale, perché noi, uniti come un solo popolo, formiamo la Chiesa che è la sua sposa. Alla Chiesa il Signore Gesù ha consegnato, come dote di nozze, i doni della sua misericordia perché essa possa guarire, perdonare, consolare nutrire i suoi figli. In questo luogo santo noi siamo la Chiesa di Cristo perché c’è il vescovo, successore degli apostoli con suoi presbiteri e con tutto il popolo santo di Dio. Questa Chiesa ci offre le sorgenti della misericordia che vengono direttamente da Gesù.
Ci offre la sua divina Parola, che abbiamo appena ascoltato e che è capace di penetrare nell’intimo più profondo della nostra coscienza; là dove ognuno di noi custodisce i suoi pensieri più personali, i sentimenti di generosità o di egoismo, i desideri belli o vergognosi, le paure inconfessabili. La Parola del Signore rischiara le nostre confusioni interiori con la luce di verità e di compassione che viene dallo Spirito Santo. La sua luce ci aiuta a capirci e a confessare la verità più profonda di noi al Padre della misericordia.
La nostra Chiesa, poi, come madre ci nutre di Gesù stesso il quale continua, dall’Ultima Cena in poi, ad offrire il suo vero Corpo e il suo vero Sangue senza risparmio, in ogni S. Messa; senza ritirare il suo dono anche quando viene disprezzato o mangiato con superficialità e indifferenza, come forse succede a volte anche a noi.
Cari fratelli e sorelle, varcato il portale della cattedrale – Porta della Misericordia durante tutto questo Anno Santo – siamo stati accolti da Gesù che è realmente pronto a donarci la sua misericordia, a riempirci dello Spirito Santo mentre ascoltiamo la sua Parola e mangiamo il suo Corpo nella comunione eucaristica.
Ma noi in che condizione ci troviamo in questo momento davanti a lui? Oltre al portale della cattedrale abbiamo spalancato la porta del nostro cuore? Se questa rimane chiusa, allora il Signore è costretto a ripeterci amaramente, con le parole di Isaia: «Questo popolo mi onora con le labbra e si avvicina solo a parole ma il suo cuore è lontano da me». Entreremo nell’Anno Giubilare della Misericordia solo aprendo la porta interiore del nostro cuore perché, se resta chiusa, in noi non entra nessuno, nemmeno Dio.
Con umile sincerità facciamo, allora, subito un esame di coscienza chiedendoci: in questo momento sento in me delle resistenze a causa delle quali non spalanco con gioia la mia casa a Gesù, come fece Zaccheo? Una resistenza mi permetto di ricordare pubblicamente, perché poco o tanto condiziona tutti. Penso all’indifferenza verso Dio o tiepidezza spirituale. L’indifferenza è come uno smog sottile che silenziosamente intossica la coscienza e la rende tiepida e poco interessata sia nei confronti di Dio che delle sofferenze degli uomini. Chi giace nell’indifferenza non sente più dolore e rimorso leggendo il Vangelo e le parole esigenti di Gesù, ma accetta e giustifica tranquillamente i compromessi per cui non sente il bisogno di confessarsi invocando sulla propria miseria la misericordia del Signore. Ha, poi, abituato occhi e cuore a vedere persone che soffrono e muoiono e passa oltre senza farsi più di tanto toccare, come il sacerdote e il levita nella parabola del buon samaritano.
L’indifferenza tiene chiuse le porte del nostro cuore perché non vuol farsi scomodare né da Gesù, né dai fratelli e preferisce tranquillamente lasciarli fuori di casa. Questo peccato può essere l’ostacolo più grave per vivere con vera partecipazione personale l’Anno Santo della Misericordia. Possiamo lasciarcelo scivolare sopra senza che produca in noi un cambiamento del cuore e delle abitudini di vita.
Preghiamo, allora, personalmente e tutti assieme lo Spirito Santo perché ci svegli dal sonno dell’indifferenza spirituale. Accogliamo come rivolto a noi il lamento di Dio: «Mi onorate con le labbra ma il vostro cuore è lontano da me». E, ancora, il rimprovero che Gesù, nel libro dell’Apocalisse, fa ai cristiani di Laodicea: «Tu dici: Sono ricco, mi sono arricchito, non ho bisogno di nulla. Ma non sai di essere un infelice, un miserabile, un povero, cieco e nudo».
In questo momento, grazie alla celebrazione della santa eucaristia, Gesù vivente ci parla e ci dona tutto se stesso perché lui vede che siamo poveri, ciechi e nudi. Chiediamo la grazia di riconoscerlo anche noi e di avere la gioia di sentire in noi la sua misericordia per uscire di chiesa con il cuore pieno della sua compassione verso i fratelli più deboli e sofferenti.
È questo il segreto della vera gioia che di cuore auguro a tutti voi con le parole di S. Paolo, ascoltate nella seconda lettura: «Siate lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. La vostra amabilità sia nota a tutti. Il Signore è vicino!».
 
 
Cattedrale di Udine, 13 dicembre 2015