Omelia in occasione della Santa Messa per le esequie di don Enrico Pagani (26 giugno 2020)

26-06-2020

Cari Fratelli e Sorelle,

siamo qui riuniti per assolvere ad un debito di riconoscenza che avevamo in sospeso verso l’amato e stimato don Enrico Pagani, vostro pastore per 48 anni. Domenica 29 marzo il Signore lo ha chiamato a sè in modo abbastanza inaspettato e nella solitudine dovuta all’isolamento imposto dalla pandemia. Pochi giorni dopo, il 1 aprile, lo abbiamo sepolto nel cimitero parrocchiale con un momento di preghiera partecipato solo dai parenti, da alcuni confratelli sacerdoti, dal signor sindaco e da pochi rappresentanti della comunità. Don Enrico se n’è andato, così, in silenzio come tanti altri cristiani, anche di Talmasson, morti nei mesi dell’emergenza epidemiologica. Nonostante queste dolorose circostanze, però, di don Enrico non potevamo dimenticarci perché, come dicevo, avevamo verso di lui un debito di riconoscenza: il debito della S. Messa di esequie che stiamo celebrando. L’ho sollecitata anche personalmente, sicuro di interpretare il desiderio di tutti i cristiani di Talmassons e il sentimento dei sacerdoti della diocesi, anch’essi ugualmente affezionati a questo loro confratello.

Eccoci, allora, qui riuniti per ricordare il caro don Enrico e ognuno potrebbe portare una sua personale testimonianza di questo sacerdote e del bene che ha ricevuto da lui. Con la S. Messa di suffragio, però, vogliamo ricordarlo prima di tutto a Dio. Vogliamo unire i nostri cuori in un’unica preghiera con la quale lo raccomandiamo alla Misericordia di Dio Padre. È questa preghiera che don Enrico ci chiede come segno del nostro amore e della nostra riconoscenza per tutto ciò che egli, negli 85 anni di vita terrena e i 60 di sacerdozio, ha donato a noi e a tutta la Chiesa di Udine.

Le letture della Parola di Dio che abbiamo appena ascoltato ci suggeriscono la migliore preghiera che possiamo fare per lui. Nel vangelo Gesù assicura: “Colui che viene a me non lo caccerò fuori ma lo risusciterò nell’ultimo giorno”.

Don Enrico, in tutta la sua vita, è andato da Gesù. Lo hanno portato subito i suoi genitori nel battesimo. Poi, lui ha continuato ad andare liberamente verso Gesù: fin da ragazzo, rispondendo alla chiamata al sacerdozio, consacrando, poi, tutta la vita alla Chiesa e ai fratelli con l’ordinazione sacra. Credo di poter affermare che la fede in Gesù è stata veramente il centro della sua vita e dei suoi interessi.

Nel profondo del suo animo, don Enrico aveva maturato una fede forte che è stata il vero pilastro che lo ha sostenuto, fedele al suo ministero, fino alla consumazione finale.

All’approfondimento della fede egli ha applicato anche la bella intelligenza che Dio gli aveva dato. Sappiamo quanto era appassionato alla conoscenza della cultura del nostro tempo e allo studio della filosofia che aveva coltivato fin da giovane sacerdote. Nei dialoghi che ho avuto con lui, ho capito, però, che questo non era un suo hobby personale ma il desiderio profondo di capire meglio la verità cristiana e di farla conoscere ai suoi fedeli con la predicazione, il catechismo, la formazione cristiana.

Don Enrico lascia a tutti noi una testimonianza bella di come si possa donare tutta la vita ai fratelli sostenuti dalla fede in Gesù Cristo. Ed egli si è donato anche grazie al suo animo buono, positivo, fedele alle persone e alla comunità; un animo da buon pastore.

Era un animo che faceva sentire anche nei rapporti con i confratelli. Mi ha sempre colpito quanto ci tenesse alla comunione con i sacerdoti e come fosse il primo ad impegnarsi per tenerla viva anche quando c’erano difficoltà e resistenze.

Dice Gesù: “Colui che viene a me non lo caccerò fuori”. Don Enrico è andato verso Gesù, lo ha messo al centro della sua vita e ha speso tutti i suoi talenti nella vocazione a cui lo aveva chiamato. Ora è giunto il tempo che il Signore mantenga per lui la promessa: “Lo risusciterò nell’ultimo giorno”. Per il caro don Enrico chiediamo che si realizzino le parole della prima lettura: “Sappiamo che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo come egli è”. Dopo aver cercato per tanti anni, nello studio e nella preghiera, il volto del Signore, ora abbia la gioia piena di contemplarlo “faccia a faccia”, “così come egli è”.