Omelia in occasione della «Festa diocesana dei migranti cattolici»

07-06-2015
«Cari fratelli e sorelle,
stiamo celebrando nella nostra cattedrale due feste belle e importanti: la festa del Corpus Domini (del Corpo e Sangue del Signore Gesù) e la festa dei migranti cattolici.
Mettere assieme queste due feste è stata una scelta molto indovinata e ce lo fa capire il vangelo che abbiamo appena ascoltato. Gesù, prima di avviarsi verso la sua passione e morte, riunisce gli apostoli a tavola per l’ultima cena con loro. Ad un certo punto, compie un gesto sorprendente: prende il pane, lo benedice, lo distribuisce ad ognuno di loro e li invita a mangiarlo perché quello è il suo Corpo. Offre, poi, da bere il vino da un calice dichiarando che dona loro il suo Sangue. Conclude, alla fine, con un comando: “continuate a fare questo in memoria di me”.
Dopo la risurrezione di Gesù gli apostoli hanno continuato a riunirsi, specialmente nel Giorno del Signore, per rivivere quella Cena di Gesù e nutrirsi di Lui, del suo Corpo e Sangue e del suo stesso Amore. A questa cena hanno invitato anche altri: tutti coloro che, ascoltando la loro predicazione, scoprivano la fede in Gesù e ricevevano il battesimo e il dono dello Spirito Santo. Gli invitati sono aumentati e la Mensa del Signore si è allargata in tutto il mondo. Anche in questa domenica, in ogni continente ci sono cristiani cattolici che celebrano la S. Messa in piena comunione con il loro Signore Gesù e con i fratelli nell’unica Chiesa. Tutti la celebrano “come noi”; ma è più giusto dire che la celebrano “con noi” perché siamo invitati alla stessa santa Cena del Signore nella quale c’è posto per uomini e donne di ogni popolo e nazione, come dice il libro dell’Apocalisse. Per partecipare non ci sono condizioni quali essere nati nello stesso paese, parlare l’identica lingua, avere gli stessi costumi, appartenere ad una certa classe sociale o economica. L’unica condizione è accettare l’invito del Signore mettendo la fede in lui al centro della propria esistenza, unendosi a lui col battesimo e cercando nel suo Corpo e nel suo Sangue la forza per vivere e per amare.
Le diversità di costumi, di tradizioni, di modi di esprimersi non sono motivi per dividerci tra di noi ma sono, invece, una ricchezza che rendono più bella l’unica Cena del Signore che riviviamo anche in questa S. Messa.
Quanto ho detto finora lo vediamo realizzato nella festa dei migranti cattolici che per il terzo anno viviamo qui in cattedrale e nella città di Udine. E’ una festa che non ci siamo inventati noi per qualche motivo umanitario, pur nobile. Questa festa l’ha inventata Gesù nell’Ultima Cena. Non siamo noi che scegliamo chi invitare alla festa secondo nostri criteri umani che escludono sempre qualcuno. E’ Gesù che invita toccando il cuore e la coscienza di una persona con la sua Parola, attirandola a sé con legami di amore e col battesimo e accogliendola nella comunione più piena con lui donandole il suo Corpo e il suo Sangue nell’eucaristia. Con il suo Santo Spirito arriva in ogni continente e fa nascere nuovi cristiani e li invita a condividere con gli altri fratelli di fede il suo Pane della vita e il suo Calice di salvezza.
Le vicende della vita hanno portato in terra friulana cristiani cattolici da tante nazioni. Essi, come i cristiani nati qui, sono tra gli invitati alla grande Cena del Signore che supera confini e barriere. Gesù ci chiede di sederci vicini gli uni agli altri pregando con voci diverse ma con la stessa fede e mangiando tutti il Pane consacrato, il Corpo del Signore che ci viene donato.
Gesù riempie i nostri cuori del suo unico amore e ci invita, secondo le parole dell’apostolo Paolo, ad avere tra di noi un solo debito: il debito dell’amore reciproco. E’ un debito che non avremo mai finito di pagare, specialmente finché ci saranno poveri che passano per le nostre strade e piazze e bussano alle nostre porte.
Continuiamo, ora, la S. Messa che ci porterà fra poco a rivivere l’Ultima Cena quando il vescovo e i sacerdoti ripeteranno i gesti e le parole di Gesù e lui sarà realmente presente tra noi nel pane e vino consacrati, suo Corpo e Sangue. Sempre per mano dei ministri egli distribuirà a ognuno di noi il suo Pane della Vita e dell’Amore e ci unirà ancora di più tra noi come fratelli.
Ringraziamo il Signore per il suo dono e per la comunione che crea tra noi che supera ogni diversità umana. E usciamo di chiesa avendo tra di noi un unico debito: il debito dell’amore reciproco. Questa è la strada della salvezza perché è la strada della comunione contro ogni individualismo e ogni paura che tendono a dividerci, facendo pagare il prezzo più alto sempre ai poveri».
 
Cattedrale di Udine, domenica 7 giugno 2015