Omelia in occasione della Festa diocesana dei migranti cattolici (28 maggio 2017)

29-05-2017

Cari fratelli e sorelle,

 

abbiamo ascoltato nella lettura degli Atti degli Apostoli il racconto dell’Ascensione di Gesù al cielo. Ci fermiamo qualche minuto a meditarlo per rinforzare la nostra fede. L’evangelista Luca riferisce che Gesù, dopo la sua passione e la sua risurrezione, per quaranta giorni continuò ad incontrare i suoi apostoli parlando e mangiando con loro. Nel suo corpo aveva la ferite della crocifissione che a Tommaso fece toccare col dito. Rimase con loro quei giorni perché voleva che credessero che era proprio lui, che aveva vinto la morte, che il suo amore era più potente di tutto il male del mondo e anche della morte.

 

Passati i quaranta giorni, Gesù risorto riunisce gli apostoli perché è giunto il momento di tornare a Dio, suo Padre, e concludere la missione sulla terra iniziata facendosi uomo nel grembo di Maria.

 

Mentre sale al Padre, però, Gesù non abbandona Maria e gli apostoli che erano attorno a lui; non abbandona neppure noi che crediamo in lui. Al contrario, resta ancora più vicino a tutti e ad ognuno personalmente.

 

Prima di tutto, sale al Padre per preparare lì un posto anche per noi perché dove c’è lui ci sia un posto anche per tutti quelli che credono in lui e lo amano. Quando, anche per noi, arriverà il momento di passare attraverso la morte, come è passato Gesù, il nostro posto non sarà dentro la morte ma, piuttosto, dove è adesso Gesù con il suo corpo risorto: nella comunione che egli vive col Padre, nel paradiso. Lì, con Gesù risorto c’è già Maria sua Madre, ci sono tutti i Santi e tante persone care che ci sono state vicine nella fede e nell’amore.

 

Mentre sale al cielo per prepararci un posto, Gesù rimane in mezzo a noi fino alla fin dei tempi. Ha voluto rimanere in mezzo a noi con il suo Corpo e il suo Sangue. È tra noi anche questa mattina qui in cattedrale dove ci siamo riuniti per vivere tutti assieme la celebrazione dell’eucaristia. Tra poco potremo incontrarlo nella comunione con lui che ci dona il suo Corpo come nostro cibo. E ci ripete la sua promessa: «Chi mangia il mio Corpo, non morirà ma avrà la vita eterna». Gesù non abbandona chi con fede e amore mangia il suo Corpo; ci porterà al posto che ha preparato.

 

In un altro modo Gesù resta presente in mezzo a noi. Prima di salire al Padre, promette agli apostoli: «Riceverete la forza dello Spirito Santo che scenderà su di voi».

 

Tutti noi abbiamo ricevuto lo Spirito Santo che è la Forza di Gesù, la Forza dell’amore di Gesù che entra nel nostro piccolo e debole cuore. La Forza dello Spirito Santo ha fatto miracoli negli apostoli che erano uomini deboli e pieni di paura. Ha fatto miracoli nei martiri che sono rimasti fedeli alla loro fede mentre venivano colpiti dalla cattiveria del diavolo e dei suoi alleati. Molti di voi vengono da paesi che anche pochi anni fa hanno conosciuto la persecuzione e, forse, avete anche conosciuto qualcuno di questi martiri. La Forza dello Spirito Santo ha sostenuto anche voi, care sorelle e fratelli immigrati, in tanto momenti anche difficili della vostra vita. Lo dico perché ho avuto occasione di ascoltare il racconto delle fatiche e insicurezze che avete dovuto affrontare. Vi ha dato la forza di non perdere la fede in Dio, anche quando si voleva negarla; e la speranza che la sua Provvidenza vi accompagnava anche quando dovevate lasciare i vostri paesi che conoscevate bene e le persone a cui eravate legati per andare, come Abramo e come i pellegrini, in terre sconosciute e tra persone estranee. La Forza dello Spirito Santo ha sostenuto le vostre famiglie perché la lontananza e altre prove della vita non rompessero questi rapporti così importanti.

 

In questa vostra esperienza, potete essere un esempio anche per noi che siamo nati e vissuti in questa terra e senza ostacoli abbiamo potuto ricevere e vivere la nostra fede cristiana. Nonostante tutta questa libertà, spesso, abbiamo ceduto al compromesso diventando cristiani tiepidi nella fede e piuttosto egoisti nella nostra mentalità consumistica.

 

Questa bella festa delle comunità degli immigrati cattolici sia un momento di grazia che ci fa sentire fratelli perché uniti nella stessa fede e nella stessa Chiesa. Apra gli orecchi e i cuori in modo che ci ascoltiamo non superficialmente ma in profondità scoprendo le diverse esperienze che ognuno porta nella sua storia. Ci faccia scoprire, nella festa dell’Ascensione, che siamo una compagnia di pellegrini che, tenendosi per mano, vanno verso il posto che Gesù risorto ha preparato e che sarà, finalmente, la nostra vera terra promessa.