Omelia in occasione della festa del patrono dei giornalisti, San Francesco di Sales (24 gennaio 2017)

24-01-2017

Cari Giornalisti e Operatori nel mondo delle Comunicazioni sociali,

saluto tutti e vi ringrazio di aver accolto l’invito a solennizzare la festa del vostro Patrono, San Francesco di Sales, partecipando a questo momento di spiritualità e di riflessione.

 

Rivolgendosi al Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, nel settembre scorso, Papa Francesco diceva: «Per tutti noi è indispensabile fermarci a riflettere su ciò che stiamo facendo e su come lo stiamo facendo. Nella vita spirituale, questo assume spesso la forma di una giornata di ritiro, di approfondimento interiore. Penso che anche nella vita professionale ci sia bisogno di questo, di un po’ di tempo per fermarsi e riflettere. Certo, questo non è facile nell’ambito giornalistico, una professione che vive di continui “tempi di consegna” e “date di scadenza”. Ma, almeno per un breve momento, cerchiamo di approfondire un po’ la realtà del giornalismo».

 

In sintonia con l’invito del Santo Padre, celebro questa nostra Santa Messa con voi e per voi come momento di sosta interiore, di riflessione spirituale che raggiunga la nostra coscienza, là dove ogni uomo custodisce le motivazioni più personali del suo agire. Le custodisce certamente ma, magari, non le verifica con chiarezza per cui possono influenzarlo in modo disordinato. Chi vuol essere veramente libero e padrone di se stesso deve saper abitare il segreto della sua coscienza e verificare i suoi pensieri, i desideri, le convinzioni più personali.

 

Per aiutarci a vivere questa sosta di riflessione interiore Papa Francesco ci ha offerto degli spunti significativi nel messaggio annuale per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni sociali. Essi vogliono riportare coloro che operano in questa importante professione a riscoprire il valore e il significato profondo della loro attività. Mi limito a sottolineare qualche passaggio del messaggio.

 

Il tema scelto dal Papa è: «”Non temere, perché sono con te”. Comunicare speranza e fiducia nel nostro tempo».  In fondo, Papa Francesco invita a «raccontare la storia del mondo e le storie degli uomini e delle donne, secondo la logica della ‘buona notizia’ che ricorda che Dio mai rinuncia a essere Padre, in nessuna situazione e rispetto ad ogni uomo. Impariamo a comunicare fiducia e speranza nella storia».

 

Mi sembra molto indovinata questa definizione della professione dei giornalisti: sono uomini e donne che raccontano a tutti la storia del mondo e la storia degli uomini e delle donne che lo abitano. E nel loro racconto riescono ad infondere speranza e fiducia in chi legge e ascolta. Trasmettono questi due sentimenti, tanto importanti per ogni persona e per tutta la società, perché riconoscono nelle vicende concrete della cronaca i segni che portano alla speranza e alla fiducia.

 

Osservano la storia umana, in continua evoluzione, con lo sguardo che Gesù ci ha insegnato nella grande parabola del buon grano e della zizzania. Il Signore paragona il mondo ad un grande campo in cui crescono, mescolate tra loro, pianticelle di buon grano e pianticelle di erbacce cattive. Le erbacce sono il risultato dell’azione del maligno che opera tra gli uomini e dentro gli uomini e la cui azione solo un cieco potrebbe negare. Sono, però, anche tenacemente presenti molte pianticelle di buon grano che, nonostante tutto, crescono e portano frutti di bene. Esse sono il segno innegabile dell’azione di salvezza di Dio tra gli uomini; azione che mai si ferma anche dentro i momenti più bui e tribolati della storia.

 

Il Papa invita i giornalisti e gli operatori del mondo delle comunicazioni sociali a guardare e raccontare le vicende della società con realismo; il realismo che Gesù ci ha insegnato nella parabola. Egli fa presente che può essere forte la tendenza a soffermarsi solo a descrivere la presenza della zizzania col rischio di inoculare in chi legge e ascolta sentimenti di disperazione «quando la comunicazione viene enfatizzata e spettacolarizzata, diventando talvolta vera e propria strategia di costruzione di pericoli vicini e paure incombenti».

Invece, silenziosamente, ma tenacemente, cresce anche oggi il buon grano. È possibile raccontare tante testimonianze di bene, di onestà, di abnegazione per chi ha bisogno, di fede profonda e convinta, di impegno per i grandi valori che sono le fondamenta della nostra civiltà.

 

Queste testimonianze sono come punti luminosi che fanno rinascere nell’animo delle persone la speranza e la fiducia e siamo ben coscienti di quanto ce ne sia bisogno in questo momento.

 

Ecco, allora, che i giornalisti possono essere preziosi comunicatori di speranza e di fiducia solo facendo onestamente il loro lavoro; cioè, raccontando la storia così com’è: un intreccio sorprendente di assurda zizzania e di consolante buon grano.

 

Vista, così, la loro è una nobile professione nella quale chi è cristiano può trovare lo spazio per vivere la propria fede e l’impegno per il Vangelo.

 

Udine, 24 gennaio 2017