Omelia in occasione della 49ª Giornata mondiale per la pace

01-01-2016
Cari fratelli e sorelle,
con questa Santa Messa entriamo nel nuovo anno civile 2016 mettendoci sotto l’intercessione della Vergine Maria, che celebriamo come Madre del Figlio di Dio e Madre nostra, e rinnovando la nostra speranza e il nostro impegno per la pace. Oggi, infatti, è anche la 49° Giornata mondiale della Pace.
 
Papa Francesco, nel suo profondo messaggio dedicato a questa giornata, offre a tutti gli uomini di buona volontà molti spunti di riflessione e di esame di coscienza. Ha intitolato: «Vinci l’indifferenza e conquista la pace». Torna ad attirare la nostra attenzione sul peccato dell’indifferenza che egli ha spesso stigmatizzato e che, in continuità con la parola del Santo Padre, anch’io ho più volte richiamato.
Invitando a leggere personalmente tutto il testo, mi soffermo nella mia omelia solo su qualche aspetto del messaggio del Papa.
Egli inizia con una affermazione molto incisiva: «Dio non è indifferente!». Ci sono state e ci sono religioni e filosofie che presentano Dio come l’Essere eterno, perfettissimo e immutabile; che non è toccato dalle vicende, dalle sofferenze e dalle tragedie della storia umana, ma le osserva come da lontano, in modo indifferente.
Questo non è il volto e il cuore del nostro Dio che, invece, si è fatto conoscere come Padre pieno di compassione per noi uomini fino al punto da inviare tra noi il suo stesso Figlio il quale ci è venuto incontro nascendo da una madre umana, Maria, e prendendo il nome di Gesù.
Egli è venuto a sconfiggere proprio l’indifferenza che, fin dagli inizi dell’umanità, era penetrata nel mondo rovinando subito i rapporti tra i primi due fratelli: Caino e Abele. Il cuore di Caino, dapprima, si rovinò a causa dell’invidia che lo spinse a diventare l’assassino del fratello e, poi, divenne insensibile avvolgendosi dentro l’indifferenza. Dio lo interrogò: «Dov’è Abele, tuo fratello?»; e lui rispose con freddo distacco: «Non lo so. Sono forse il guardiano di mio fratello?».
Il Papa commenta: «Caino dice di non sapere che cosa sia accaduto a suo fratello, dice di non essere il suo guardiano. Non si sente responsabile della sua vita, della sua sorte. Non si sente coinvolto. È indifferente verso suo fratello, nonostante essi siano legati dall’origine comune. Che tristezza! Che dramma fraterno, familiare, umano! Questa è la prima manifestazione dell’indifferenza tra fratelli».
Questo racconto biblico rivela in modo evidente quanto l’indifferenza sia una minaccia alla pace. L’indifferenza, infatti, è un sentimento che rende insensibile l’uomo e lo porta a non provare compassione davanti alle sofferenze dei suoi simili, né ad avvertire rimorso quando fa del male all’altro; come Caino che, senza rimorso, dichiara di non dover rendere conto di suo fratello.
 
Non è difficile comprendere come questa sorgente malefica possa generare ingiustizie sociali perché rende sordi al grido dei poveri e possa dar vita a conflitti mortali perché rende insensibili davanti alle vittime della violenza e della guerra. Secondo il Papa è questo l’humus infetto da cui continuano a germogliare: «Le guerre e le azioni terroristiche, con le loro tragiche conseguenze, i sequestri di persona, le persecuzioni per motivi etnici o religiosi, le prevaricazioni, hanno segnato dall’inizio alla fine lo scorso anno moltiplicandosi dolorosamente in molte regioni del mondo, tanto da assumere le fattezze di quella che si potrebbe chiamare una “terza guerra mondiale a pezzi”».
Gesù è venuto in mezzo agli uomini per svegliarci dal sonno dell’indifferenza. Nella parabola del Buon Samaritano egli indica l’unica strada lungo la quale l’umanità può ancora trovare la sua salvezza. È la via della conversione che parte da Caino, il quale abbandona, con indifferenza, il fratello ucciso e giunge al buon samaritano che riconosce nell’uomo ferito a morte un suo fratello verso il quale ha il dovere di farsi prossimo. Il Papa definisce l’atteggiamento del buon samaritano «corresponsabilità solidale» e la indica come «radice della vocazione fondamentale alla fratellanza e alla vita comune».
Questa è anche la radice della pace autentica; della pace che non si accontenta di fragili compromessi tra poteri e interessi opposti ma che ha la forza di una vocazione a farsi “guardiani” responsabili del proprio fratello e del suo bene.
 
Mi unisco all’invito del Santo Padre a vivere l’Anno Santo della Misericordia lasciandoci penetrare in profondità dalle parole e dall’esempio di Gesù e assumendo qualche impegno concreto di corresponsabilità solidale per migliorare la realtà in cui viviamo e facendoci, così, operatori di pace.
 
Capodanno 2016, Cattedrale di Udine