Omelia in occasione del pellegrinaggio diocesano a Castelmonte – 8 settembre 2016

03-10-2016

Cari fratelli e sorelle,

40 anni fa’ in mezzo alle macerie del terremoto, mons. Alfredo Battisti ebbe l’intuizione spirituale di guidare il popolo friulano verso il santuario di Castelmonte e avviò il primo pellegrinaggio diocesano alla Madone di Mont. Più di qualcuno di voi ricorderà quel momento intenso di fede e di preghiera perchè era presente di persona. Da buon pastore, mons. Battisti sentiva che le persone e le comunità avevano bisogno specialmente di speranza per guardare in avanti e perchè sotto le rovine del sisma non rimanesse sepolta anche l’anima del Friuli. Di speranza forte c’era veramente necessità in quel momento anche perché, pochi giorni dopo il pellegrinaggio, l’Orcolat avrebbe colpito ancora con violenza con le scosse dell’11 e 15 settembre. Ma dove si poteva trovare speranza in mezzo alla desolazione? Alzando gli occhi e il cuore verso quel monte santo e quel santuario della Vergine che era sempre stato un faro di speranza per la gente del Friuli, specialmente nei momenti in cui le prove della vita mettevano in ginocchio. O si cedeva alla disperazione o, in ginocchio, ci si affidava alla Madre e la si invocava “Spes nostra”, speranza nostra.

 

Continuando la grande tradizione inaugurata da mons. Battisti, siamo giunti anche quest’anno alla nostra Madone di Mont. A lei affidiamo, ancora una volta, le vittime del nostro terremoto e di quelli più recenti. A lei chiediamo la grazia di continuare il cammino della speranza sul quale la Chiesa di Udine ha avuto la fede e la forza morale di  incamminarsi rialzandosi dalle macerie.

 

Il nostro cammino è tracciato, prima di tutto, dall’Anno Santo della Misericordia. L’8 settembre scorso eravamo qui a pregare chiedendo che l’Anno giubilare fosse un tempo di grazia particolare anche per la Chiesa di Udine. Guardando ai mesi scorsi, possiamo ringraziare Dio e l’intercessione di Maria perché abbiamo visto che la Misericordia di Dio ha toccato Il cuore di tante persone e le nostre comunità. Già la grande partecipazione alle celebrazioni di inizio dell’Anno Santo ha fatto capire che, al di là dell’apparente autosufficienza e indifferenza, nell’intimo di tante persone di ogni età c’è attesa di sentirsi accolti con compassione, capiti, perdonati, guariti nelle ferite dell’anima. Continuiamo, allora, a valorizzare questo anno di grazia fino alla sua conclusione, che faremo il 13 novembre in cattedrale a Udine e il 20 novembre, con Papa Francesco a Roma. Individualmente o a gruppi, facciamoci ancora pellegrini passando per la porta della Misericordia nella cattedrale, qui a Castelmonte e negli altri santuari, accostandoci al sacramento della Penitenza, incontrando Gesù nella comunione eucaristica, pregando per ottenere l’indulgenza giubilare per noi e per i nostri defunti.

 

Avendo il cuore rasserenato dalla misericordia di Dio proseguiremo il nostro cammino della speranza che sarà segnato da un progetto diocesano che porterà le parrocchie vicine di una certa a zona ad aprirsi l’una con l’altra per collaborare strettamente tra loro. Insieme formeranno una Collaborazione pastorale. Affidiamo oggi alla speciale intercessione di Maria, nostra Madre questo progetto diocesano perché sia una ripartenza piena di coraggio e  di speranza come, quarant’anni fa’, lo fu la ricostruzione dal terremoto.

 

Delle Collaborazioni pastorali e delle nuove foranie già si parla e questo può essere utile perché tutti possono offrire un contributo costruttivo. Decisivo, però, sarà lo spirito con cui affronteremo le scelte da fare. Lo spirito giusto lo possiamo trovare nella lettura degli Atti degli Apostoli che abbiamo ascoltato.

 

Gli undici apostoli, dopo aver contemplato l’ascensione di Gesù al Padre tornarono a Gerusalemme. Era giunto per loro il tempo di fondare la Chiesa grazie al dono dello Spirito Santo. Ma come avviarono la Chiesa? Non con discussioni (che in seguito non mancarono), o con progetti (pur necessari) o con divisione di ruoli (che ci saranno nella Chiesa).

 

Erano, prima di tutto, “concordi”, un cuor solo e un’anima sola perché si sentivano, tutti assieme, servi del progetto che Cristo risorto aveva sulla sua Chiesa.

 

Erano, poi, perseveranti e concordi “nella preghiera”. Questa era la loro attività principale in quei quaranta giorni di attesa dello Spirito Santo. Non si stancavano di pregare invocando lo Spirito Santo che sarebbe stato il Maestro interiore che li manteneva fedeli al loro Signore.

 

Infine, erano raccolti attorno a Maria che pregava con loro e li teneva uniti a Gesù.  La Chiesa nasce attorno a Maria e sotto la sua materna intercessione.

 

L’esempio degli apostoli nel cenacolo è il riferimento da seguire ogni volta che la Chiesa inizia un percorso di rinnovamento. Il progetto pastorale su cui ci avviamo vuol essere un rinnovamento profondo della vita e della pastorale della nostra Chiesa diocesana. Porterà frutti buoni se partiremo: “concordi”,  “uniti nella preghiera perseverante”, “attorno a Maria”.

 

E la Madonna di Castelmonte cammini con noi.