Omelia in occasione dei primi vespri dei Santi Patroni Ermacora e Fortunato – 11 luglio 2016

11-07-2016

Cari fratelli e sorelle,

abbiamo iniziato i primi vespri in onore dei Santi Patroni, Ermacora e Fortunato, cantando queste parole dell’inno: «Con la forza del martirio tu, Ermacora, rifondi l’edificio già cadente della patria aquileiese. Mentre l’opera dell’uomo presto ondeggia e poi scompare, la fatica del Vangelo resta salda ed immortale». Queste espressioni meritano la nostra meditazione perché mostrano quanto la testimonianza dei nostri Patroni resti, per noi, molto attuale e significativa. Nella città di Aquileia che – come tutto l’impero romano – mostrava i segni di un’inarrestabile decadenza, Ermacora e Fortunato, assieme ad altri fratelli di fede, hanno seminato la Parola nuova del Vangelo di Gesù. Hanno annunciato e hanno testimoniato, fino al sangue, la persona e la vita di Cristo e, in questo modo, sono stati  collaboratori dello Spirito Santo che fecondava con il Seme del Vangelo la cadente Aquileia pagana. Grazie a questo innesto è risorta una nuova Aquileia, la città cristiana che ha irradiato fede e civiltà nel cuore del continente europeo.

 

Da un punto di vista umano e sociologico è stato un vero miracolo perché, mentre umanamente e politicamente era sempre più debole, Aquileia è rinata; e non grazie ad un grande progetto politico ed economico, ma dall’acqua del battesimo e dallo Spirito Santo. È rinata perché è stata è stata attraversata dalla potenza della risurrezione di Cristo. Per questo cantiamo «Mentre l’opera dell’uomo presto ondeggia e poi scompare, mentre la fatica del vangelo resta salda ed immortale»

 

Dalla Gerusalemme celeste i Santi Ermacora e Fortunato questa sera ci dicono: «Cari fratelli e figli, il miracolo della risurrezione cristiana di Aquileia è possibile anche nel vostro tempo, perché il Seme del Vangelo di Gesù è immortale ed è sempre potente l’azione dello Spirito Santo. Voi, però, seguite il nostro esempio e collaborate come abbiamo fatto noi mettendo al primo posto dei vostri progetti e interessi la fatica del Vangelo».

 

Come vescovo, successore di Ermacora, invito tutti ad ascoltare l’appello dei nostri Patroni. La società friulana, il continente europeo e, anche, la nostra Chiesa diocesana, mostrano cedimenti e debolezze innegabili che suscitano commenti pessimistici e una serpeggiante rassegnazione, propria di chi non ha più speranza. Non è questa la reazione che Ermacora e Fortunato voglio vedere nei nostri animi e nelle nostre comunità. Essi, al contrario, ci spronano con le parole dell’autore della lettera agli Ebrei: «Circondati da tale moltitudine di testimoni.. rinfrancate le mani inerti e le ginocchia fiacche… correte con perseveranza, tenendo lo sguardo fisso su Gesù» (cfr. Ebr 12,1-12).  

 

Non è tempo di sederci rassegnati, lasciando che le cose facciano il loro corso. Se umanamente ci troviamo più poveri e più deboli, in questa spoliazione c’è la chiamata di Gesù a ritrovare l’essenziale. E l’essenziale è ciò per cui Ermacora e Fortunato hanno dato la vita; è la fatica del Vangelo. La Chiesa non ha altro da portare agli uomini se non questa fatica che, prima di tutto è gioia; la gioia che Gesù diffonde nei cuori di chi crede in lui.

 

Cari fratelli e sorelle, questo tempo sta spogliando me vescovo, i sacerdoti, i religiosi/e, le comunità e tutti cristiani di tante sicurezze ma, per questo, è un appuntamento di Dio. Questa spoliazione da tante sicurezze ci offre l’opportunità di riscoprire l’essenziale del Vangelo; e, cioè, la gioia, la gioia che lo Spirito Santo fa sgorgare nel cuore di coloro che hanno conosciuto Gesù e sono stati conquistati da lui. Questa è la nostra missione e la missione della Chiesa. Ad essa ci spinge Papa Francesco con la sua esortazione apostolica «Evangelii gaudium», «La gioia del Vangelo». 

 

 

Su questa strada ci siamo già incamminati anche noi, Chiesa di Udine, con l’Anno Santo della Misericordia. Su questo cammino desideriamo procedere anche nel prossimo Anno pastorale. Abbiamo iniziato l’Anno Santo aprendo la Porta della Misericordia in cattedrale e nei principali santuari con una straordinaria partecipazione di persone. Abbiamo proseguito con molte proposte spirituali nelle Parrocchie, nelle Foranie e in Diocesi. Continuiamo, allora, a tenere viva la grazia dell’Anno Santo con esperienze di preghiera, di pellegrinaggio, di riconciliazione, di opere di misericordia. Un appuntamento significativo sarà il pellegrinaggio diocesano a Castelmonte in cui ricorderemo anche i 40 anni del terremoto, come abbiamo fatto il 5 maggio con la S. Messa nel Duomo di Gemona. In comunione con il Santo Padre e con tutta la Chiesa cattolica concluderemo, alla fine, l’Anno Santo nella forma che ci sarà indicata. 

 

Qui, però, apro una prospettiva molto importante. Anche se fisicamente la chiuderemo, nella nostra Diocesi manterremo spalancata la Porta della Misericordia. Vogliamo, cioè, continuare a camminare sulla strada della misericordia di Gesù in un modo particolare: guidando le nostre Parrocchie e tutte le comunità a crescere nella comunione tra loro, nell’accoglienza reciproca, nella condivisione dei doni e dei carismi che ognuna ha. So che di questo progetto pastorale già se ne sta parlando in diocesi, anche con una comprensibile curiosità. Si sta parlando delle Collaborazioni pastorali che saranno esperienze di comunione e collaborazione stabile tra parrocchie vicine e delle nuove foranie. È cosa molto buona che ne parliamo assieme, nelle diverse foranie, perché si tratta di un progetto molto importante, sul quale come vescovo chiedo il contributo di tutti. Dedicheremo il prossimo Anno pastorale ad esaminare questo progetto nel clima dell’Anno della Misericordia. Io stesso in autunno incontrerò, a zone, i Sacerdoti e i Consigli pastorali foraniali per condividere il significato e le linee del progetto delle Collaborazioni pastorali e raccogliere suggerimenti.

Di tutto questo, però parlerò in modo più dettagliato in una mia lettera che preparerò per settembre.

 

In questo momento, desidero, come vescovo e pastore di questa Chiesa, fare un forte invito. Mentre ci confrontiamo su questo progetto pastorale, non perdiamo mai di vista l’obiettivo a cui miriamo. L’obiettivo ce lo ha dato Gesù pregando il Padre prima della sua passione: «Siano una cosa sola perché il mondo creda» (Gv 17,21). 

A questo vogliamo mirare con tu la fede e l’amore di cui saremo capaci:

  • «Essere una cosa sola» in Cristo. Che le nostre parrocchie scoprano la gioia e la ricchezza di crescere nella comunione reciproca, dove ognuna è valorizzata, dove la più piccola ha un’attenzione particolare, dove si respira la misericordia di Gesù nei rapporti reciproci.
  • «Perché il mondo creda». La comunione reciproca tra parrocchie e comunità non sia, però, il fine ultimo a cui miriamo. Non vogliamo essere una Chiesa che pensa solo a conservare ma che condivide la passione di Gesù: «Perché il mondo creda che tu mi hai mandato». Siamo convinti che più cresceremo nella comunione di fede e carità tra le comunità e più sarà efficace la nostra testimonianza del Vangelo offerta non solo a parole ma con i fatti e con reciproche opere di misericordia. La nostra Chiesa potrà essere, secondo l’invito di Papa Francesco, «un’oasi di misericordia» nella quale tante persone possono incontrare per la prima volta o incontrare nuovamente Gesù, il Volto della misericordia del Padre.

 

Cari fratelli e sorelle, teniamo sempre presente questo obiettivo ed eviteremo la tentazione di confondere il nostro progetto pastorale con altri progetti civili e amministrativi avviati in questo tempo nel territorio friulano. Essi hanno la loro plausibilità ma scopi completamente diversi.  

Come Ermacora e Fortunato, noi abbiamo nel cuore la passione per Gesù e il suo Vangelo e vogliamo affrontare, nel modo migliore, la gioia e la fatica di testimoniarlo anche oggi perché sia il Seme divino che rigenera noi e tanti nostri fratelli. 

 

Maria, Madre della Misericordia, prega per noi, Santi Ermacora e Fortunato pregate per noi. Amen.