Omelia in occasione dei funerali di mons. Secondo Miconi

29-09-2020

Cari Fratelli e Sorelle,

nell’Antico Testamento troviamo una bella espressione che descrive la morte di un uomo giusto: “Morì vecchio e sazio di giorni”. Morì, cioè, sereno e in pace perché la Provvidenza divina gli permise di vivere a lungo, consacrando tanti giorni alla volontà di Dio.

Oggi questo elogio possiamo rivolgerlo anche all’amato e stimato mons. Secondo Miconi: è morto sereno e “sazio di giorni” come un uomo giusto che ha speso 96 anni di vita e ben 71 di sacerdozio secondo la volontà del Padre. La sua serenità traspariva dagli occhi e dal sorriso cordiale che mi è rimasto impresso fin dalla prima volta che l’ho incontrato e che ho ritrovato sul suo volto anche nell’ultima visita che ho potuto fargli nella Fraternità sacerdotale quando ormai la debolezza fisica lo costringeva a letto.

Ci ha lasciato un breve testamento spirituale che mi sembra doveroso ricordare in questa S. Messa di esequie nella quale lo presentiamo alla misericordia di Dio con la nostra preghiera. Dalle parole del testamento cogliamo il suo animo delicato che conserva la memoria di tutte le persone che, come scrive, “gli hanno voluto bene e a cui lui ha voluto bene”.  Ringrazia, così, i genitori, i fratelli e la sorella Imelda e la sua famiglia per averlo ospitato; ringrazia i cristiani di tutte le comunità a cui ha dedicato il suo ministero sacerdotale, da Basaldella, ad Attimis, a Forgaria e, infine, a Magnano in Riviera; ricorda con riconoscenza Mons. Battisti, i compagni di scuola, gli amici e, in particolare, le suore di S, Giuseppe di Pinerolo con cui ha condiviso anni di feconda collaborazione dopo il terremoto.

Vuol, poi, congedarsi da questa vita terrena in pace con tutti e, per questo, chiede il perdono alle persone che avesse offeso e assicura il suo a tutti.

Leggendo il testamento di don Secondo mi è rimasta, però, particolarmente impressa una frase semplice ma molto bella: “Muoio felice di essere stato un sacerdote con tanti difetti ma sempre un sacerdote cattolico”. La ricordo in questo momento del suo funerale perché è una grazia dello Spirito Santo poter consegnare la propria esistenza al Signore con la gioia nel cuore; una gioia che lo ha accompagnato in tutta la sua lunga vita e che lo ha reso un uomo e un sacerdote cordiale, sereno accogliente con le persone e con i confratelli, generoso.

Sicuramente, così, lo ricordano i cristiani che lo hanno avuto loro pastore e, in modo tutto particolare, i fedeli di Magnano in Riviera in mezzo ai quali ha vissuto ben 35 anni e con i quali ha affrontato la tremenda prova del terremoto e le pesanti fatiche della ricostruzione materiale e morale del dopo terremoto. Più volte ho sentito da lui stesso raccontare di quegli anni difficili e intensi che gli erano rimasti impressi nel cuore. E ho sentito altri raccontare di lui, della sua dedizione, della vicinanza alle persone, della costanza nel ricostruire la chiesa e gli altri edifici distrutti. Grandi alleate di don Secondo e della comunità di Magnano in Riviera, sono state le suore di San Giuseppe di Pinerolo che egli, giustamente, ricorda con affetto e riconoscenza nel testamento.

Torno, però, un momento a quella frase che mi ha colpito: “Muoio felice di essere stato sacerdote e sacerdote cattolico”. Poche parole ma che ci rivelano il segreto più profondo dell’esistenza di don Secondo e della serenità profonda che lo ha sempre accompagnato. Era un uomo che, fin da ragazzo, aveva imboccato la strada giusta per la sua vita; aveva seguito la chiamata di Gesù ad essere suo sacerdote nella Chiesa. Su questa strada ha camminato sempre con gioia, con fedeltà, con amore per la Chiesa e per i fedeli a lui affidati. Su questa strada è rimasto fino alla consumazione dei suoi giorni e ha riconsegnato se stesso al Signore Gesù come un servo fedele. E’ morto felice perché ha donato tutti gli anni di vita per uno scopo grande; quello della vocazione che Dio aveva pensato per lui. E’ una vera grazia vivere e morire in questo modo, contenti di aver camminato sulla strada giusta, senza pentimenti.

La gioia di don Secondo, anche di fronte alla morte, tocca anche il nostro cuore. Con la nostra fraterna preghiera lo consegniamo a Gesù, Buon Pastore a cui egli si era totalmente consacrato e all’intercessione della Vergine Maria alla quale lui si  affida nell’ultima frase del suo testamento.

Con le parole di S. Paolo, ascoltate nella prima lettura, chiediamo che per l’eternità “niente più separi don Secondo dall’amore di Dio che è in Cristo Gesù”.