Omelia in occasione dei funerali di don Riccardo Leschiutta (21 febbraio 2020)

21-02-2020

Cari Fratelli e Sorelle,

siamo raccolti attorno all’altare del Signore e al corpo mortale di don Riccardo Leschiutta come in un ultimo abbraccio che non è, però un addio senza speranza ma un arrivederci pieno di fede e di speranza. Il nostro arrivederci glielo esprimiamo con parole di preghiera con la quale vogliamo consegnarlo tra le braccia misericordiose di Dio Padre che sono il porto verso il quale don Riccardo era teso specialmente negli ultimi mesi quando ormai aveva capito che la medicina umana aveva esaurito le sue risorse per combattere il male che da tanti anni lo aveva colpito.

 

Ho chiesto di leggere il racconto della morte di Gesù secondo il vangelo di Luca:  quelle parole ci fanno rivedere anche don Riccardo. L’ultimo respiro di Gesù  in croce è una preghiera nella quale egli riassume tutta la sua vita: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”. Credo di poter dire che don Riccardo è morto come Gesù consegnando, senza resistenze, la sua anima nelle mani del Padre. Nelle ultime visite che gli ho fatto, oltre a chiedergli come si sentiva e come andavano i dolori, l’argomento della nostre brevi conversazioni è stata la preghiera. Abbiamo parlato della sua preghiera che gli era diventata più difficile a causa della sua debolezza e chiedeva a me, suo vescovo, sostegno e conforto. Mi domandava anche di unirmi a lui e di pregare il Signore che rendesse breve il cammino del suo calvario sul quale andava avanti da tanti anni e si sentiva ormai stanco di portare la croce della lunga malattia. Sentiva, per usare le parole di San Paolo, che il suo corpo si andava disfacendo e nell’estrema spogliazione, sopportata con forza e pazienza, dal profondo dell’anima gli saliva la preghiera di affidamento proprio come Gesù in croce e come lui e in comunione con lui ha esalato l’ultimo respiro.

 

Ha voluto esalare l’ultimo respiro tra le mura di casa, tra le persone care della sua famiglia parrocchiale, vicino alla sua chiesa. Era il desiderio del buon pastore che non vuol abbandonare fino alla fine il suo gregge. Abbiamo potuto esaudire questo suo forte desiderio perché tanti fratelli e amici gli sono stati vicini e lo hanno sostenuto come il Cireneo che ha sostenuto Gesù nell’ultimo tratto della sua via crucis. Tra tutti, sento doveroso esprimere un commosso ringraziamento al fratello e alla cognata, all’amministratore parrocchiale don Franco, al diacono Lelio, ai medici che hanno dato tutto quello che potevano per soccorrere don Riccardo nella sua malattia  e ai tanti parrocchiani che, donando tempo e cuore, hanno intrecciato una vera catena di solidarietà e di amore attorno al letto del loro amato pastore.

E così don Riccardo è morto come un padre in mezzo ai figli dai quali ha preso congedo per consegnare, in preghiera come Gesù, al Padre la sua anima e i 52 anni di ministero sacerdotale che lo hanno visto dapprima a Pontebba per giungere, poi, qui nella comunità cristiana di Feletto alla quale ha dedicato 43 anni di instancabile servizio sacerdotale.

 

Su come don Riccardo si sia speso da sacerdote e parroco non voglio dire tante parole anche per non andare contro la sua volontà di non avere dal vescovo, durante il suo funerale, elogi e panegirici. Questo era, per altro, il suo stile sempre sobrio e che mirava all’essenziale, con una grande onestà di coscienza; uno stile che aveva ereditato dalla famiglia e dalla gente della sua amata Cabia tra la quale era nato ed era cresciuto e alla quale era rimasto sempre legato.

Ma penso che neppure serva che io spenda tante altre parole per ricordare don Riccardo perché ognuno di noi ha vivi nella memoria e nel cuore gli incontri che ha avuto con lui e sente una commossa riconoscenza per quanto ha ricevuto da questo sacerdote che è stato veramente un consacrato al Signore, alla sua Chiesa e ai fratelli.

Quello che don Riccardo ci chiede in questa Santa Messa di esequie è di trasformare in preghiera i nostri ricordi e la riconoscenza che proviamo verso di lui. Ci uniamo, allora, alla sua preghiera e lo accompagniamo nelle mani di Dio Padre, sicuri che la morte non ci ha rubato il nostro don Riccardo  ma che possiamo ancora essergli realmente vicini perché è entrato ora nella comunione dei Santi nella quale ha sempre sperato.

Da questa speranza nella vita eterna don Riccardo ha ricevuto ogni giorno la forza di donare ai fratelli i talenti avuti da Dio. Questa speranza nella vita eterna è l’ultima testimonianza, l’ultima predica che egli lascia a noi suoi confratelli e a tutti voi, cari fedeli e anici suoi. Riposa in pace, caro don Riccardo, nella dimora non costruita da mani d’uomo nella quale adesso sei entrato e grazie per averci mostrato con la sua vita e la tua morte la speranza per la quale val la pena di vivere e di morire.