“L’INFERNO”. CATECHESI NEL TERZO APPUNTAMENTO DEI “NOVISSIMI. QUARESIMALI D’ARTE”

03-04-2011


 


 L’INFERNO


 


1. La possibilità dell’inferno


Il cammino della nostra esistenza ci sta portando verso la morte dove ci attende Gesù risorto. In quel momento, sotto lo sguardo misericordioso del Signore e in piena verità, vedremo come abbiamo speso i giorni che erano stati messi a nostra disposizione.


Se ci affideremo a Gesù con il più grande atto di fiducia della nostra vita e metteremo tra le sue mani le povere opere di bene compiute, lo sentiremo dirci: ‘ Bene, servo buono e fedele. Sei stato fedele nel poco; entra ora nella gioia eterna del tuo Signore’ .


Porteremo con noi anche tante miserie dalle quali saremo liberati da un ultimo e sofferto atto di purificazione (il purgatorio).


Non possiamo, però, dimenticare che la Sacra Scrittura prospetta anche un’altra, terribile conclusione del giudizio finale: la condanna eterna all’inferno.


Per definire l’inferno riprendo le parole di Benedetto XVI nell’enciclica Spe salvi: ‘ Possono esserci persone che hanno distrutto totalmente in se stesse il desiderio della verità e la disponibilità all’amore. Persone in cui tutto è diventato menzogna; persone che hanno vissuto per l’odio e hanno calpestato in se stesse l’amore. È questa una prospettiva terribile, ma alcune figure della stessa nostra storia lasciano discernere in modo spaventoso profili di tal genere. In simili individui non ci sarebbe più niente di rimediabile e la distruzione del bene sarebbe irrevocabile: è questo che si indica con la parola inferno (n. 45).


La condanna all’inferno è riservata a persone che hanno vissuto rifiutando, con orgoglio, Dio e insensibili ai fratelli. Essi nemmeno al momento della morte compiono, come il ladrone sulla croce, un estremo atto di umile affidamento alla misericordia di Gesù; anzi, la rifiutano per sempre come Satana e con Satana con cui saranno dannati ad un tormento inestinguibile che Gesù chiama ‘ fuoco eterno’  (Mt 25, 41) o ‘ tenebre, pianto e stridore di denti’  (Mt 8,12).


 


2. L’inferno non è contro la misericordia di Dio


L’inferno è una verità di fede difficile da accettare. E’ difficile accettarne l’esistenza e, più ancora, la durata eterna. Crea inquietudine immaginarci condannati ad un tormento continuo e che non finirà mai.


Ha fatto nascere anche in grandi autori cristiani la domanda: la verità dell’inferno non è contro la verità della misericordia di Dio? Se Dio è solo misericordia infinita e onnipotente come può condannare ad un tormento eterno degli uomini che ha creato per la vita e per la gioia?


A questa domanda molto seria la Rivelazione cristiana dà una risposta altrettanto seria e impegnativa: l’inferno non è la negazione della misericordia infinita di Dio ma è dentro questa misericordia. Anche l’inferno ci mostra quanto Dio ha amato e sempre e solo amato noi uomini e ogni uomo. Il segno del suo amore è il rispetto assoluto che ha avuto per la nostra libertà.


Il primo atto di amore infinito del nostro Dio è stato l’aver chiamato dal nulla una creatura che aveva il dono della libertà. Grazie alla sua libertà la creatura era capace di rispondere all’amore di Dio con riconoscenza e amore. Solo nella libertà è possibile il dialogo dell’amore.


Ma questo atto di amore assoluto è stato anche il più grande ‘ rischio’  di Dio perché, una volta creata libera, la creatura poteva anche non rispondere, rifiutare l’amore che l’aveva generata, rompere il dialogo con il suo Dio.


Questa terribile possibilità si è avverata fin dall’inizio con gli angeli ribelli che non hanno adoperato la loro libertà per lodare con gioia e riconoscenza Colui che li aveva riempiti del suo amore. Quasi ubriachi della loro libertà si sono contrapposti a Dio presi dalla superbia di essere come Dio in competizione con Lui. La superbia è diventata odio contro l’amore e gli angeli sono diventati demoni, satana e i suoi alleati.


L’odio di satana contro Dio lo ha spinto a tentare di rovinare l’opera di Dio, specialmente l’altra creatura a cui Dio ha donato la libertà, l’uomo. La Bibbia si apre con il racconto della creazione nella quale Dio fa solo cose buone e, alla fine, crea l’uomo che è la cosa ‘ molto buona’. Ma subito entra in azione satana che trascina gli uomini dentro la sua stessa superbia convincendoli a mettersi al posto di Dio, padroni del bene e del male.


Il mondo appare, così, come lo descrive la parabola del buon grano e della zizzania. Questa parabola è la fotografia realistica dell’umanità: è come un campo in cui Dio ha messo tante cose belle, ma un avversario ha seminato un male cattivo e assurdo come assurde sono le guerre, le repressioni dei più deboli, i campi di sterminio, i bambini che muoiono di fame.


In mezzo a questo campo, infestato dalla zizzania, Dio ha piantato la croce di Gesù che è l’albero della vittoria dell’amore di Dio su tutto il male che avvelena il mondo.


Cinque giorni prima della sua crocifissione Gesù esclama: ‘ Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me». Questo diceva per indicare di qual morte doveva morire’  (Gv 12,31-33).


Sulla croce, Gesù, il Figlio di Dio, spalanca le braccia e il cuore per accogliere tutti, anche i più grandi peccatori, purché si lascino attirare da lui e si affidino alla sua misericordia senza limiti. Per rifiutare Gesù e il suo amore crocifisso bisogna avere il cuore avvelenato dalla superbia e dall’odio contro l’Amore e contro la vita.


In questa condizione è satana che davanti alla croce di Gesù viene sconfitto e gettato fuori in quel luogo di tormento che è l’inferno.


Ci possono essere uomini che si lasciano tentare da satana al punto da diventare suoi alleati contro Dio e contro gli uomini, pieni di superbia contro l’amore di Dio e di disprezzo cinico verso i propri simili.


Essi creano inferni in questo mondo. Quanti terribili inferni abbiamo visto – e ancora vediamo – inghiottire vittime inermi, torturate e distrutte da persone inique che non hanno rispettato né Dio, né la minima dignità degli uomini.


C’è un ‘ mistero di iniquità’  che avvelena l’umanità con una cattiveria presuntuosa e insensata. Contro di esso Gesù ha portato il Mistero dell’Amore e della Misericordia di Dio.


Ogni uomo è posto di fronte alla scelta libera e decisiva. Può lasciarsi attirare da Gesù crocifisso seguendo il suo amore fino ad affidarsi umilmente a Lui al momento della morte e sarà certamente accolto nel suo Regno.


Ma può, anche, vivere di presunzione contro il Signore e di durezza di cuore verso gli uomini, alleandosi al male e allo spirito del male. E al momento finale della sua vita può perseverare in questa durezza di cuore che gli impedisce di battersi il petto per il male fatto e invocare umilmente la misericordia di Gesù e delle tante persone che ha fatto soffrire.


Questa sua scelta libera finale diventerà il suo inferno, la condanna ad essere per l’eternità lontano da Gesù e dal suo amore per cui era stato creato e lontano dalla comunione con tutti coloro che Gesù ha accolto con sé.


Come racconta la parabola del ricco e del povero Lazzaro: sarà in un tormento bruciante vedendo la gioia di coloro che sono con Gesù, anche delle vittime della sua cattiveria.


L’agnello immolato farà giustizia con il suo amore che si è donato fino alla croce a tutti. Questo amore è e sarà il giudizio finale, come afferma S. Giovanni della sua prima lettera: ‘ Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte. 15 Chiunque odia il proprio fratello è omicida, e voi sapete che nessun omicida ha più la vita eterna che dimora in lui’ .


 Chi si è affidato a Lui e al suo amore di misericordia, entrerà alla fine nella gioia eterna. Se qualcuno lo rifiuta si condannerà al tormento di chi ha lasciato il cuore preda dell’odio e della superbia mentre era creato per l’amore.


Nell’enciclica Spe salvi, Benedetto XVI afferma: ‘ I malvagi, alla fine, nel banchetto eterno, non siederanno indistintamente a tavola accanto alle vittime, come se niente fosse’  (n. 44). La zizzania sarà bruciata in un fuoco che non si estingue e il buon grano sarà messo nel granaio.


 


3. Il ricordo dell’inferno come medicina spirituale.


La Chiesa proclama alcuni suoi figli ‘ santi’  ma non ha dichiarato nessuno uomo ‘ dannato’ . Per questo noi preghiamo per tutti i defunti perché siano purificati ed entrino la gioia dell’amore eterno di Dio. Preghiamo anche per tutti gli uomini, anche i più moralmente rovinati, perché si convertano. Speriamo che nessuno si sia condannato all’inferno.


Contemporaneamente, la Chiesa invita tutti i battezzati a pregare e ad impegnarsi in una continua conversione per non cadere nella morte eterna. Questa è la vera morte, il fallimento senza speranza dell’esistenza umana. Ricordarci che questo rischio è reale per ognuno è una vera medicina spirituale che ci mantiene umili davanti a Gesù crocifisso, desiderosi di affidarci a Lui, impegnati a liberare il cuore dalla presunzione di essere a posto e dalle insensibilità verso i fratelli.