Intervento in occasione del tradizionale incontro natalizio con Amministratori locali e Politici (14 dicembre 2017)

14-12-2017

Signori Sindaci e Amministratori,

Illustri Autorità,

giorni fa un amico mi ha inviato un video nel quale il protagonista parla del suo compleanno. Constata che ogni anno per il suo compleanno viene organizzata una grande festa alla quale partecipano molte persone e si imbandiscono pranzi e cene. L’unico a non essere invitato è  lui, colui per il quale si festeggia il compleanno. Allora decide di partecipare ugualmente alla festa dove ci si scambiano auguri e regali; però, a lui nessuno bada. A quel punto abbandona la festa e pensa di organizzare un suo banchetto a cui sono invitati tutti coloro che sono veramente interessati a festeggiare l’anniversario della sua nascita. Il protagonista di questa piccola parabola è evidentemente Gesù che parla della festa del Natale. Nella sua semplicità, il racconto mette in luce una contraddizione in cui rischiano di cadere i popoli europei di antica tradizione cristiana e, quindi, anche il nostro popolo friulano: per tempo ci si organizza per i giorni detti “delle feste” ma, progressivamente, ci si dimentica del protagonista che, con la sua nascita, ha portato una gioia e una speranza tale da diffondere in tutti un clima di festa che si è perpetuato nei secoli.

In questo nostro tradizionale incontro natalizio desidero, da parte mia, evitare questa contraddizione e mi permetto di pensare che sia questo anche l’orientamento di ognuno di voi. Non vogliamo trascurare colui del quale ricordiamo l’anniversario della nascita ma, anzi, porlo al centro della nostra attenzione. Ci scambiamo gli auguri con convinzione e sincera cordialità perché sentiamo di non dire parole vuote o di circostanza: vogliamo augurarci l’un l’altro di avere nel cuore quella  speranza che Gesù ha portato, nascendo a Betlemme dalla Vergine Maria. Con la sua presenza e il suo Vangelo ha dato inizio ad un’era nuova dell’umanità come ci insegna la storia che divide degli avvenimento prima  di Cristo da quelli dopo Cristo. Con lui è apparsa nel mondo una Luce nuova che illumina ogni uomo e ogni popolo; che accende un raggio di inattesa speranza sulla vita e sulla morte, sulla precarietà dell’esistenza umana, sugli aneliti di amore che ogni essere umano porta nel cuore. Con Gesù, in mezzo alle traversie e alle tribolazioni dell’esistenza, vince la speranza. A questa speranza vogliamo guardare anche oggi mentre ci scambiamo l’augurio di buon Natale. Natale è sempre “buono” se è l’occasione per rivolgere la nostra attenzione verso Gesù. il Dio con noi, la Luce vera che può illuminare anche questo nostro tempo. per quanto possa apparirci piuttosto fosco al suo orizzonte.

Mi permetto di lanciare qualche flash sul momento che stiamo vivendo cercando di guardarlo con gli occhi di Gesù e del suo Vangelo. Quali strade di speranza egli indica in particolare a coloro che hanno delle responsabilità sul bene comune dei propri fratelli?

 

1. Le persone cercano senso e speranza per la loro vita e per la vita dei loro figli

Un giorno Gesù: «Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore» (Mt 9,36). Accostando tante situazioni di persone e di famiglie mi sento, più volte, preso dalla stessa compassione di Gesù perché le vedo stanche e sfinite mentre attraversano giorni di precarietà economica, lavorativa, affettiva, fisica e psicologica.

Cercano un pastore che sia punto di riferimento e che mostri prospettive che diano senso e speranza alla loro vita. Parlando di pastori, mi sento chiamato in causa in prima persona assieme a tutti i miei sacerdoti perché la gente, pur non risparmiandoci critiche – a volte anche giuste – aspetta di trovare in noi dei buoni pastori.

Penso, però, di poter comprendere nella categoria dei pastori anche quanti hanno il compito delicato di governare il bene economico e sociale delle persone e delle comunità. I cittadini si aspettano di incontrare anche in loro dei buoni pastori che conoscono la compassione e la dedizione per le pecore, specialmente per quelle più stanche e sfinite.

Certi segnali fanno sorgere il sospetto che si sia diffusa una qualche delusione nei confronti dei pastori perché sono venuti meno alle attese di chi li ha eletti.

Trovandoci in prossimità di un importante appuntamento elettorale, un segnale che non può sfuggire è il progressivo e preoccupante calo di affluenza alle urne. Questa disaffezione è figlia della delusione rispetto a come è stato amministrato il bene comune economico, occupazionale, sanitario, educativo, sociale. Credo che questo sia una delle principali questioni che devono essere affrontate nella prossima campagna elettorale chiedendosi tutti come rianimare il desiderio di partecipazione attiva dei cittadini alla vita democratica dei Comuni, della Regione e della Nazione.

Dalle parole di Gesù possiamo ricavare due illuminanti indicazioni.

  • Le pecore si aspettano che il pastore le guidi a pascoli nutrienti.  Le persone si aspettano che chi le amministra abbia a cuore i loro veri problemi e trovi soluzioni buone e non illusorie.  Sono stanche di assistere a schermaglie tra pastori  e gruppi di pastori. Hanno bisogno di vedere che, al di là di qualsiasi schieramento, coloro che si candidano come amministratori hanno a cuore i gravi problemi che  affliggono le persone, le famiglie e la società in questo scorcio della nostra storia.
  • Le pecore si aspettano che il pastore le conosca e le chiami per nome.  Un motivo di diffusa sofferenza è il distacco che si è creato tra la vita quotidiana della gente e delle comunità e coloro che prendono decisioni politiche e amministrative. C’è un dialogo che va ricostruito. Le persone e le nostre piccole comunità  hanno bisogno di sentirsi ascoltate per non patire l’impressione di essere abbandonate e di non interessare a nessuno, come pecore senza pastore.  I Sindaci, come i Parroci, sanno quanto sia salutare far sentire questa vicinanza. È un’attenzione che deve tornare nello stile di governare a tutti i livelli.

 

2. La famiglia: fonte di speranza

Un’attenzione privilegiata alla famiglia è un secondo segno di speranza di cui oggi ha bisogno tutta la società; anche il nostro popolo friulano.

Gesù, riprendendo le parole del libro della Genesi, ricorda una verità evidente a tutti: Dio creò l’uomo e la donna perché si unissero in un legame d’amore talmente forte da formare una carne sola e talmente fecondo da generare figli. Questo amore, così forte e così fecondo da forgiare una famiglia, è la principale speranza di un popolo.

Siamo, purtroppo, costretti a constatare che questa speranza è offuscata anche in Friuli, terra dei “fogolârs furlans”.  Non mi addentro nell’analisi delle cause che stanno indebolendo la famiglia in questo tempo e le gravi conseguenze che ne derivano e che spesso sono lasciate sotto silenzio.  Mi pare, però,  obbligatorio nominare almeno la grave crisi demografica che ha raggiunto dimensioni di una vera sciagura, peggiore del terremoto o di altre catastrofi che hanno colpito questa terra.  Gli uomini e le donne, condizionati da tanti freni, non hanno più la forza di generare figli. Ad altri non è permesso di nascere con la tragedia dell’aborto causato spesso da mancati sostegni alle donne che si trovano in situazioni di grave debolezza.

Pensando sempre all’appuntamento elettorale, è necessario ribadire con forza che la questione della denatalità rappresenta la prima e principale emergenza. Non ci può essere strategia politica assennata che non consideri tale questione primaria, non solo sul piano logico o valoriale, ma anche nel costruire un programma politico e amministrativo. È un impegno pregiudiziale che verifica tutti gli altri, dà loro verità e un ordine di priorità. Siamo a rischio di sopravvivenza. Se la politica non è in grado di essere lungimirante sulle politiche familiari, permettete che dica che non è degna del suo nome.

È tempo di alzare quel velo di silenzio che è stato steso sulla famiglia mentre, al contrario, è stato dato rilievo esagerato ad altre forme di unione che famiglia non sono e che rappresentano percentuali molto basse della complessiva popolazione. Non voglio dare giudizi sbrigativi su situazioni personali di cui conosco la delicatezza e che vanno sempre rispettate. Desidero solo, alla luce della parola di Gesù, dare il giusto rilievo alle tante famiglie formate da padre, madre e figli che con quotidiana fedeltà si impegnano ad amarsi e sostenersi accompagnando i loro figli verso il futuro. Desidero dare voce a tante coppie giovani che si amano sinceramente e che hanno nell’animo il progetto forte di unirsi in matrimonio formando una carne sola e di compire il loro amore generando nuovi figli.

Questi sono forti segni di speranza di cui abbiamo bisogno anche nel nostro Friuli che teme l’estinzione a causa della crisi demografica.

Le famiglie già formate e i giovani che sperano di formarle aspettano programmi politici che pongano al primo posto tutti i possibili sostegni a loro favore. Questi programmi possono definirsi intelligenti e onesti.

Anche per esperienza diretta, aggiungo che non pochi fallimenti familiari, sfociati nel divorzio, potevano forse essere evitati se le coppie avessero trovato aiuti concreti e adeguati anche sul piano economico, occupazionale e dei servizi.

 

3. I giovani: il nostro futuro

Brevemente, accenno ad un altro segno di speranza a cui si dovrebbe dedicare, a mio parere, più attenzione. Mi riferisco ai bambini, ai ragazzi e ai giovani che, nonostante la crisi demografica, abbiamo la gioia di avere in mezzo a noi.

La nostra società è costituita da molte persone anziane verso le quali è doverosa la più grande attenzione. Altrettanta attenzione, però, va data alle nuove generazioni che sprigionano speranza perché si proiettano verso il futuro con la voglia di vivere e di realizzarsi in pienezza.

Esse non hanno molta voce in capitolo nel dibattito pubblico perché i bambini sono troppo piccoli per far sentire le loro ragioni e i giovani pensano spesso a lasciare il nostro territorio regionale e nazionale perché qui non vedono prospettive significative.

Non mi soffermo ad approfondire quella che viene definita la “questione giovanile”. Richiamo solo l’attenzione su quello che è uno dei principali doveri che una società e la sua politica hanno verso i propri figli. Mi riferisco al compito educativo.

Dopo averlo generato fisicamente, i genitori hanno il compito di preparare il figlio a vivere bene la sua esistenza dentro la società mediante l’educazione.  Per questo compito grande e impegnativo i genitori hanno bisogno di trovare alleanze nella società e nella Chiesa.

Una delle principali forme di alleanza educativa tra famiglia e società è la scuola, e dunque essa non può non essere tra i principali capitoli di un’agenda politica lungimirante e assennata.

Purtroppo ascoltiamo troppo frequentemente lamentele nei confronti dell’attuale andamento delle scuole di vario grado. A volte nascono solo da una diffusa tendenza alla polemica e ad avanzare pretese poco giustificate. Non mancano, però, riserve motivate sulla situazione scolastica e sulle politiche per la scuola.

Se nel prossimo futuro l’organizzazione scolastica sarà maggiormente decentrata verso le amministrazioni regionali, ci potrebbe essere l’opportunità per progettare una “buona scuola” sul nostro territorio.

Auspico, in proposito, un’alleanza tra famiglia e scuola sempre più stretta e trasparente. Essa non è sempre facile, ma è un fronte che non può essere abbandonato. I genitori hanno il diritto e il dovere di essere coinvolti non solo nell’organizzazione e nel rapporto frequente con gli  insegnanti, ma anche nelle scelte e nei programmi educativi. Questo non è sempre avvenuto anche quando si trattava di programmi che miravano alla formazione dell’identità personale, affettiva e sessuale.

Inoltre, vedendo il pluralismo di prospettive sul modo di concepire la persona e la sua educazione, alle famiglie dovrebbe essere assicurato altrettanto pluralismo di proposte scolastiche con la possibilità di scegliere l’impostazione scolastica che considerano più adeguata per il loro figlio.  Questo potrebbe più facilmente attuarsi se lo Stato garantisse una reale parità tra le scuole statali e quelle proposte da soggetti privati qualificati.

In una lettera inviata ai giovani nel 1985, Giovanni Paolo II affermava: «In voi c’è la speranza, perché voi appartenete al futuro, come il futuro appartiene a voi». È impegno di tutti non deludere questa speranza.

 

Concludendo

Mi avvio a concludere la mia riflessione cosciente che altri temi importanti meritano attenzione in questo momento. Penso a tutto il campo dello sviluppo economico ed occupazionale, alle riforme strutturali che riguardano la sanità e gli enti locali. Penso al fenomeno dell’immigrazione sul quale mi limito ad auspicare che sia affrontato con la dovuta onestà e senso di responsabilità senza cedere alla tentazione di strumentalizzazioni politiche o elettorali.

Mi è sembrato importante soffermarmi sui tre temi, appena esposti, perché possono diventare forti segni di speranza se saranno presi sul serio da coloro che avranno responsabilità politiche e amministrative. Di speranza che non delude e di un senso forte per la vita oggi c’è grande bisogno.

 

In Diocesi stiamo vivendo un anno dedicato in modo particolare alla Vergine Maria. Invoco la sua materna intercessione sul nostro Friuli e su quanti sono chiamati a lavorare per un suo buon futuro.

A tutti ancora l’augurio di un Santo Natale che illumini di speranza anche il nuovo anno che la Provvidenza ci donerà.

 

                                                                                              + Andrea Bruno Mazzocato