Catechesi in occasione della prima stazione dei “Quaresimali d’arte” 2015

23-02-2015
La sorgente della carità
22 febbraio, Cattedrale di Udine, ore 17

 

Introduzione

Le catechesi quaresimali, che iniziamo, avranno come argomento la virtù della carità che è il tema di quest’anno pastorale. In particolare, offrirò delle brevi riflessioni sui frutti della carità.

Ho dedicato tutta la seconda parte della lettera pastorale “Rimanete nel mio amore” ai frutti della carità perché essi sono la prova inequivocabile dell’amore vero. In una breve parabola, Gesù fa presente che si vede un albero buono dai frutti buoni che produce. Così, solo dalle opere buone si riconosce un cuore buono.

Nella lettera pastorale faccio nove esempi di frutti buoni. In queste catechesi quaresimali ne ricorderò altri quattordici che la tradizione cristiana ha sempre raccomandato e ha definito: opere di misericordia corporali e spirituali. Esse nascono da un cuore che ha conosciuto la stessa misericordia di Gesù e di Dio Padre: “Siate misericordiosi com’è misericordioso il Padre vostro che è nei cieli” (Lc 6,36).

Prima, però, di meditare sulle opere di misericordia mi sembra necessaria una riflessione introduttiva. Ricordo, cioè, una verità fondamentale: noi possiamo donare misericordia se l’abbiamo a nostra volta ricevuta.


La sorgente della carità

E’ forse il più grave atto di orgoglio presumere di avere da soli la forza, il coraggio, la generosità, la fedeltà necessarie a mettere in pratica le opere di misericordia. Noi possiamo riuscire a dar da mangiare agli affamati, assistere gli infermi, consolare gli afflitti, perdonare le offese solo con la forza dell’amore di Gesù.

Per questo, per avere la forza di amare i fratelli, bisognosi nel corpo o nell’anima, dobbiamo essere aperti alla sorgente della carità. Solo se ci abbeveriamo a quella sorgente, che è il Cuore di Gesù, da noi sgorgano le opere di misericordia.

Prima di inviare i suoi apostoli in missione, Gesù ricorda loro: “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” (Mt 10,8). Che cosa avevano ricevuto gratuitamente e gratuitamente dovevano

dare? Gesù aveva fatto loro il dono più grande: la stessa carità che faceva palpitare il suo cuore di uomo.

Nel brano della Lettera ai Romani che abbiamo ascoltato, S. Paolo ricorda ai cristiani di Roma che hanno ricevuto anch’essi lo stesso dono e lo hanno ricevuto in un momento preciso: con il battesimo (e la cresima). L’apostolo descrive che cosa avviene nel battesimo (e cresima): “l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato”.

E S. Agostino nello splendido brano letto, ripete le parole dell’apostolo: “Lo dice in forma tanto chiara l’apostolo Giovanni: Non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi, e anche: Noi amiamo, perché egli ci ha amati per primo. … E quindi riconosciamo veracemente la grazia di Dio, che riversa nei nostri cuori l’amore di Dio per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato”.

 
Tre conseguenze spirituali

Su questa fondamentale e consolante verità cristiana traggo brevemente tre conseguenze utili alla nostra vita spirituale:

  • Comprendiamo la grandezza del sacramento del battesimo e della cresima. Con questi sacramenti Gesù ci introduce veramente in una “vita nuova” perché trasforma completamente il nostro cuore riversando in noi il suo amore grazie all’azione dello Spirito Santo che infonde in noi. Dal suo Sacro Cuore, squarciato dalla lancia, egli riversa il suo stesso amore nel cuore di coloro che si aprono a lui con fede.
  • Avviene quello che possiamo chiamare un “travaso divino”: la Sorgente riversa la Carità nel nostro misero cuore. Lo guarisce dalle sue debolezze ed egoismi e lo rende capace di fare le stesse opere di misericordia di nostro Signore. 
  • Questa esperienza battesimale ci riempie di speranza come dice S. Paolo: “La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori”. Non esiste gioia e speranza più grande che fare esperienza di essere capaci di amare in modo sempre più sincero e totale. Essere  capaci, infatti, di amare in modo gratuito ci fa capire che siamo liberati  dalla paura che ci impedisce di donare senza avere il contraccambio. Siamo liberati dalla paura di perdere la vita perché la vita di Gesù è già in noi e nessuno ce la può più rapire. Vivere nel suo amore è l’inizio della vita eterna.
Oltre che la speranza, impariamo anche l’umiltà. Non pretendiamo di dire al fratello ammalato, debole o in difficoltà: “Fidati di me perché ti assicuro che sono capace di risolvere i tuoi problemi”. Con umiltà, invece, possiamo promettergli: “Sono debole come te nel cuore, ma ho fiducia nello Spirito Santo e nell’amore che fa nascere in me. Ti starò vicino con la misericordia che mi donerà Gesù. Se qualcosa posso fare per te, non devi ringraziare me; ma assieme ringraziamo Gesù che riversa il suo amore nei nostri cuori”.