Catechesi al terzo incontro “Bota fé – Metti fede” con i giovani

24-03-2015
Continuiamo, negli incontri di Bota fé di quest’anno, a scoprire le più importanti parole di preghiera che Gesù stesso ci ha insegnato. Se gli chiediamo: “Tu cosa vuoi sentirti dire da noi? E Dio Padre cosa vuol sentirsi dire?”. Gesù ci risponde: “Aspetto che tu mi dica: Aiutami, perdonami, grazie”. Ci ha insegnato la preghiera di domanda di aiuto su cui abbiamo meditato nell’incontro di gennaio. Ci ha insegnato la preghiera che invoca il suo perdono che abbiamo meditato in cattedrale a febbraio con la possibilità di ricevere il perdono di Gesù nella confessione. Oggi meditiamo la preghiera di ringraziamento per scoprire quando sia bello e importante saper dire “grazie!” con tutto il cuore a Gesù e al Padre.
 
Ci aiuta il racconto di un grande miracolo di Gesù narrato nel vangelo di Luca: la guarigione di dieci lebbrosi. Essi stanno a distanza perché le leggi contro i lebbrosi erano severissime in quanto che la lebbra non aveva cure e il lebbroso era considerato un morto che cammina che già di sta corrompendo nel corpo. Se si avvicinava a delle persone sane veniva immediatamente lapidato. Quei malati si rivolgono a Gesù pregando con tutta la voce, una preghiera di domanda di aiuto: “Gesù, Maestro, abbi pietà di noi”. Davanti non hanno alternative: o una morte terribile o Gesù. E allora gridano per attirare la compassione del Signore il quale li invita ad andare dai sacerdoti perché la legge prevedeva che fossero i sacerdoti a dichiarare quando un lebbroso era guarito. E’ come se Gesù avesse detto loro: “Quando sarete arrivati dai sacerdoti sarete già guariti”. Si fidano e per strada guardano il loro corpo si vedono guariti. Nove corrono a farsi vedere dai sacerdoti e poi a casa a far festa. Nove pensano solo al loro corpo guarito. Uno solo si ricorda del volto e della voce di Gesù che aveva risposto alla loro preghiera quasi disperata. Uno solo continua a pregare; non, però, con una preghiera di domanda di aiuto ma di ringraziamento. Torna indietro di corsa e, pieno di gioia, grida a Gesù il suo : “Grazie”. Lo ringrazia con la voce e anche con il corpo gettandosi in ginocchio ai suoi piedi. Gesù, un po’ amaramente, commenta: “Ne ho guariti dieci e solo uno è tornato a ringraziarmi?”. E conclude dicendo all’uomo guarito la frase più importante: “Vai pure adesso, perché la tua fede ti ha salvato”. In altre parole, gli dice: “Prima ti ho guarito il corpo ma ora ti ho guarito il cuore perché mi hai scoperto. TI sei legato a me con fiducia, gioia e riconoscenza. Ora ci sarò sempre nella tua vita”.
 
Dieci hanno saputo fare una preghiera di domanda di aiuto e uno solo la preghiera di ringraziamento. I nove sono stati come dei bambini che, quando ricevono un regalo, guardano solo al regalo e dimenticano la cose più importante: guardare gli occhi, il volto e, specialmente, il cuore di chi ha voluto farlo contenti; e dirgli: “Grazie!”. Il samaritano si ricorda di Gesù e gli fa, a sua volta, un dono: lo ringrazia. Con la sua preghiera di ringraziamento fa contento il cuore di Gesù.
Dopo tanti secoli, assomigliamo ancora ai dieci lebbrosi. Tanti chiedono aiuto a Dio, a Gesù, alla Madonna; specialmente nei momenti di difficoltà ma poi si dimenticano di ringraziare come se tutto fosse loro dovuto. Invece le cose più belle e importanti della vita le riceviamo in dono da Dio senza alcun merito nostro.
 
Pensiamo un momento: la vita non ce la siamo meritata, potevamo non esserci; ogni giorno è regalato; la salute non è merito nostro; le capacità che ci siamo trovati ad avere; la natura con le sue bellezze e raggio dell’amore splendido di Dio, come ha cantato S. Francesco; una persona di cui ti innamori o che si innamora di te senza averlo previsto; certi momenti di gioia profonda quando preghi e senti il signore vicino. E quanti doni potremmo aggiungere!
Siamo circondati da doni di Dio; ma quanto ci pensiamo? Per accorgerci di quanto Dio sia vicino alla nostra vita e di quando Gesù sia dentro il nostro cuore è necessario aprirgli il cuore e pregarlo con gioia e in ginocchio, come il lebbroso guarito, e dirgli: “Grazie, Gesù, mio Amico e Signore!”.
 
Questa sera, ci chiediamo:
  • assomiglio ai nove lebbrosi o al samaritano che è tornato e si è gettato in inocchio davanti a Gesù per ringraziarlo?
  • Se ci penso bene, quanto sono bravo a ringraziare quelli che mi fanno del bene e mi vogliono bene?
  • E il Signore quante volte mi viene il desiderio di ringraziarlo? Conosco la preghiera di ringraziamento?
  • In che occasioni e per quali doni ringrazio Gesù o Dio Padre?
 
Vi suggerisco anche un impegno in questa seconda parte della quaresima: almeno una volta al giorno fermiamoci per dire un “grazie”, dopo aver trovato un bel motivo per aprirgli il cuore con gioia.